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Il nuovo “Mulan”: tra voglia di redimersi e approcci tipicamente Disney

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Per noi cresciuti a suon di Disney e cartoni animati di origine giapponese in TV, “Mulan” ha sempre avuto un posto speciale nei nostri cuori. Infatti, “Mulan” è sempre risultato essere uno dei cartoni preferiti da moltissime bambine per la centralità del ruolo della protagonista stessa nel salvataggio del paese natale. Sebbene il cartone ci abbia fatto sognare per anni, è impossibile negare che esso sia stato accusato di incongruenze storiche e culturali e, soprattutto, di una sana dose di razzismo, quasi sottointeso, che si può identificare analizzando attentamente i personaggi e i dialoghi. Viste le premesse, il remake di “Mulan”, di cui molti di noi saranno a conoscenza, si è dovuto prefissare la sfida di correggere gli errori fatti nella precedente versione. Compito decisamente arduo e che sembrerebbe non essere andato del tutto a buon termine.

Partiamo, ad esempio, dalle affermazioni di Niki Caro, regista della nuova versione, la quale avrebbe erroneamente datato la storia originale da cui è tratto “Mulan” durante un’intervista sul red carpet. “La Ballata di Hua Mulan”, secondo le fonti sembrerebbe infatti risalire al V secolo dopo Cristo, mentre Caro la ha erroneamente fatta risalire al VII secolo. Sebbene possa non sembrare un errore madornale ma una svita da red carpet, questa affermazione, nella sua erroneità, ha avuto la capacità di influenzare negativamente le aspettative degli spettatori, i quali si aspettavano un “Mulan” senza gli errori di cui era stato accusato il cartone.

Le imprecisioni, però, continuano anche durante la visione del trailer. Infatti, si può notare subito una struttura tradizionale di tipo circolare che, però, non esisteva ancora al tempo delle grandi dinastie del Nord, ovvero quando si svolge la storia di “Mulan”. Apprezziamo però, visti i precedenti, la decisione di eliminare la scena focolaio di tante critiche, ovvero la più che nota scena del cartone in cui Mulan si taglia i capelli con la spada. Difatti, per gli uomini dell’epoca non era pratica comune tagliarsi i capelli, il che si tradusse in una grande inesattezza culturale del cartone del 1998.

Stesso motivo per cui non sono presenti neanche le figure della nonna di Mulan e di Mushu nel remake. Per quanto riguarda l’eliminazione della figura della nonna, questa si può interpretare come l’intenzione di eliminare il tono sessista e sprezzante che permeava i dialoghi del personaggio, che, ci ricorderemo, tendeva a sminuire i traguardi raggiunti dalla nipote. Per quanto riguarda invece Mushu, sebbene amato dai fan, la figura del draghetto è stato percepito come uno stereotipo culturalmente inadeguato e, persino, razzista.

Parlando invece di cambi che sono stati accolti positivamente, possiamo notare con piacere la chiara intenzione di umanizzare i nemici di Mulan, gli Unni, a capo dei quali troviamo ora Boris Khan e non più il crudele e, a tratti, disumano Shan Yu. Apprezzabile anche l’umanizzazione, in questo caso letteralmente, dei fratelli di Mulan, i quali in questa versione tornano, facendo fede al testo originale, ad essere delle persone piuttosto che l’adorabile cagnolino della versione animata.

Sebbene il nuovo “Mulan” sia stato promosso come il film rivoluzione dell’inclusività e dell’attenzione ai dettagli, soprattutto dal punto di vista di accuratezze culturali, non si può negare che le imprecisioni sembrino pervadere anche la versione targata 2020. Si potrebbe persino pensare che questa forse esagerata promozione del film abbia influenzato già in partenza gli spettatori, i quali si sono approcciati alla visione del film convinti di trovarsi davanti ad una narrazione fedele e corretta. Ciò non toglie, però, che questo remake segni un primo tentativo da parte di Disney di rimediare agli errori fatti precedentemente.

Articolo già pubblicato su Il Quotidiano del Sud – l’Altravoce dei Ventenni il 14 settembre 2020

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