Venti Blog

Il mondo è malato, ma non solo di SARS-19

L’uno gennaio di questo fatidico 2020, abbiamo dato il benvenuto ad un nuovo anno e ad una serie di tragedie, che portano un nome e cognome, a volte noto altre ignoto ma comunque umano.

L’anno è iniziato con la distruzione di 85mila chilometri di terreno in Australia, un incendio di dimensioni abnormi con conseguenze disastrose.

Ad ardere tra le fiamme non soltanto ettari di natura e milioni di animali bruciati vivi, ma anche persone, persone come noi che all’improvviso hanno visto le loro abitazioni, la loro vita prender fuoco.

Il bilancio finale non ha avuto precedenti nella storia dell’Australia. 

I danni cagionati avranno delle conseguenze che non potranno essere riparate per i prossimi decenni.

In tutto ciò Donald Trump il 3 gennaio, comunicava al mondo intero che l’esercito degli Stati Uniti aveva eseguito con successo un perfetto e preciso colpo uccidendo il terrorista iraniano numero uno al mondo Qasem Soleimani. Conseguentemente a ciò tra il 7 e l’8 gennaio, 22 missili iraniani si sono abbattuti su due basi irachene che ospitavano soldati statunitensi, 80 le presunte vittime.

E mentre il mondo scongiurava l’inizio di una terza guerra mondiale, a seguito delle sciagurate azioni politiche estere, Li Wenliang medico cinese, cercava di urlare al suo Paese di aver scoperto un virus pericolosissimo, quello che oggi il mondo conosce come Covid-19. 

E intanto che la Cina si prodigava a cucirgli la bocca, il virus si diffondeva, la gente moriva, e persino Li Wenliang perdeva la vita.

Siamo a febbraio 2020, il virus approda in Europa, i primi ad accoglierlo sono gli italiani. I primi focolai scoppiano nel Nord Italia, la Lombardia diventa il luogo dove si è ambientato il peggiore dei film Horror vissuto dall’uomo, Bergamo cerca di chiudere i battenti a favore di un diritto costituzionalmente garantito: il diritto alla vita e alla salute, ma che niente può contro l’egemonia delle industrie.

Così con il Dpcm del 9 marzo 2020, arrivato con netto ritardo rispetto al virus, l’Italia si blocca e da li a poco si bloccherà il mondo intero.

Nella corsa verso chi si accaparra l’ultima mascherina, i nostri volti diventano tutti uguali, gli sguardi l’unica cosa che ancora resta scoperta sono confusi e impauriti; dai balconi qualcuno urla ce la faremo, qualcun altro canta l’inno di Mameli, mentre alla tv passano le immagini di quei carri militari pieni di cadaveri dei nostri concittadini.

Una bella notizia però sembra arrivare il 9 maggio il premier Conte, annuncia all’Italia il ritorno di Silvia Romano liberata dopo un anno e mezzo di prigionia essendo stata sequestrata durante il suo soggiorno in Africa, dove era andata a fare volontariato. Ma non tarda ad arrivare la cattiveria ed è subito islamfobia dovuta al vestito indossato da Silvia e dalla decisione della giovane di convertirsi all’islam.

Dopo infiniti mesi di lockdown, la situazione sembra migliorare, l’incubo sembra pian piano diventato più lontano, ma non meno nitido per chi come medici e operatori sanitari si è visto morire i pazienti uno dopo l’altro e per chi non è riuscito a dare l’ultimo saluto ad un proprio caro.

È giugno, in poco più di quindici giorni tutto pare terminato e iniziano così le prime cene, le prime uscite e si salutano le distanze e persino le mascherine.

Siamo in Minnesota e George Floyd, afroamericano di 46 anni, viene immobilizzato e soffocato dal peso del corpo del poliziotto che gli sta sopra, il quale spingerà il volto di Floyd per 8 minuti e 46 secondi verso l’asfalto.

Insieme all’ultimo sospiro George dice: “I can’t breathe”, non respiro.

Non respira George, ma respirano tutti coloro che hanno guardato con sgomento quell’esecuzione ripresa da uno smartphone e finita in mondovisione.

Respirano così forte che riescono anche ad urlare che non si può morire per mano dell’autorità giudiziaria e così scoppia una protesta che presto sfocia nella violenza e da li al 22 giugno un uomo muore e 14.000 persone vengono arrestate, le principali città americane sono distrutte dalle fiamme degli incendi appiccati durante le proteste e migliaia di negozianti verranno saccheggiati.

Intanto che centenni di storia vengono distrutti con l’abbattimento delle statue che simboleggiano, in qualche modo, personaggi del passato collegati ai fenomeni razzisti, a luglio 2020 vengono disposti i fondi per finanziare l’accordo bilaterale tra Italia e Libia, già firmato nel 2017 e rinnovato nel 2020.

Il risultato di questo accordo sino ad oggi è stato terribile, in quanto la guardia costiera libica ha rimandato indietro più di 40 mila persone in fuga, di nuovo, nei centri di detenzione conosciuti come centri di tortura e di inferno.

Durante il volo dalla Siberia verso Mosca, ad agosto, Alexei Navalny il leader dell’opposizioni russo veniva avvelenato. 

Nella penisola della Kamchatka in Russia, è stato scoperto un disastro ecologico che ha distrutto il 95% della fauna marina, il 5 ottobre sono state ritrovate carcasse di: foche, polpi, ricci di mare, granchi e pesci.

Le conseguenze di questo disastro sono state accusate anche dagli uomini in quanto i surfsti della zona hanno lanciato per primi l’allarme dato che dopo le immersioni presentavano strane ustioni chimiche sul corpo.

Tirando le fila di questo duemila venti, che giunge quasi al termine vediamo che la situazione ambientale, politica e sanitaria è terribile e di certo la responsabilità non è da attribuire a nessun altro se non all’essere umano, che al momento non ha dimostrato di aver cura né dell’ambiente, né del prossimo né di sé stesso

È ora di capire quanto tempo ci resta, prima di riuscire a distruggere tutto o di restaurare quel poco di sano che è rimasto in noi e nel mondo. 


Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni

Exit mobile version