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Il Giffoni, i giovani e l’importanza di guardare oltre

Il Direttore Gubitosi racconta i primi 50 anni di Giffoni tra visione, impegno e sguardo al futuro

Giffoni è un festival cinematografico variegato, è un’esperienza immersiva a 360° ed è un’opportunità di crescita. E’ un posto sicuro, protetto e contemporaneamente è una finestra sul mondo che per primo ha dato voce e spazio ai ragazzi.  

Ho avuto la fortuna di parlare del Giffoni, dei suoi 50 anni di storia e del suo sguardo sempre rivolto al futuro, con il suo ideatore e direttore, Claudio Gubitosi, che trasmette in ogni parola la scintilla che anima il Giffoni.

Fonte: giffonifilmfestival.it

La storia del Giffoni, che lo ha portato ad essere uno dei festival più studiati e apprezzati d’Italia, riguarda la cura, l’attenzione e l’amore per l’universo dei giovani. Il Giffoni ha scelto di promuovere non il cinema per ragazzi ma una selezione cinematografica che sapesse meglio raccontare la vita dei ragazzi nella società. Non ho mai voluto che fosse un festival a servizio dell’industria cinematografica ma dei giovani. Un festival, però, ha una vita definita per sviluppare la propria azione e nel 2009 ha terminato la sua funzione. Lo sviluppo alternativo di Giffoni era in contrasto con la parola “festival”, così, senza paura, ho deciso di cancellarla dal brand e sostituirla con “Experience”, perché chi viene qui, va via o sogna di venire, sa di vivere un’esperienza, un’occasione di incontro con giovani da 53 nazioni e con personaggi illustri. Anche gli ospiti restano sbalorditi dall’energia che si respira. Come tutte le esperienze, però, ha un inizio e una fine e dopo un’esperienza bisogna andare oltre. Da quest’anno nasce Giffoni Opportunity che è un’opportunità per innovare, crescere, interrogarsi sul futuro. E’ un’opportunità per chi fa le domande e per chi le riceve. E’ l’opportunità di un mondo libero e perfetto. 

Questi sono stati tre passaggi importanti e diversi che però non hanno modificato la passione e la struttura di Giffoni. Inoltre, prossimamente, ci sarà una nuova grande evoluzione: prenderà forma Verde Giffoni, un nuovo concetto di “ecologia del pensiero”, che non ha nulla a che fare con il colore di un partito o dei movimenti ambientali. Verde è il colore della gioventù e della speranza e al centro dell’azione ci saranno i valori veri della vita. 

Come fa una casa a durare 50 anni se dal primo momento non la si vede già proiettata nel tempo? Sì, ci credevo fin dal primo momento. Ho visto e vedo quello che c’è e intravedo quello che ci sarà domani. Tutte le grandi cose, però, ogni tanto hanno bisogno di fermarsi, ricostruirsi, autodistruggersi e andare avanti.

Una valutazione sociale e antropologica si può fare con una discreta attendibilità. Ogni epoca ha una sua peculiarità, però non mi piace fare differenze. Ogni generazione ha risposto positivamente agli stimoli. Ad esempio, la generazione degli anni ’70 era appena uscita dal ‘68, voleva rivoluzionare la società, oggi, invece, i ragazzi hanno più opportunità, però la sensibilità difronte a temi universali è uguale in ogni generazione. L’incontro con la morte, l’accettazione della diversità e del diverso, la fuga e il ritorno dai genitori sono temi presenti in ogni epoca ma l’approccio è diverso grazie al cambiamento sociale. Ad esempio, oggi non è più uno scandalo parlare di omosessualità. Abbiamo una generazione ricca di valore, di desiderio di cambiare e mantenere i piedi nelle proprie radici, anche se spesso è costretta a lasciarle. Io questa gioventù la amo.

I temi affrontati sono vari e si evolvono anche con il tempo. Facciamo sempre la campagna contro il bullismo o il cyber-bullismo, anche collaborando con organi dello Stato. Un’altra campagna a cui teniamo è quella sul rapporto interpersonale, sulle relazioni tra ragazzi, per spiegargli che le persone con cui si relazionano non sono una “proprietà”. Molti non hanno esperienze di gestione delle emozioni e degli affetti, per cui cerchiamo di fare campagne a sostegno della gestione delle relazioni.

Io ho maturato Giffoni a 17 anni, l’ho pensato a 18 e realizzato a 19. Ho fatto mettere un cartello prima di entrare nel mio ufficio in cui si legge “Non ti chiedere di dove sei ma chi sei”. E’ un concetto importante: capire qual è la propria identità. E’ sempre necessario andare oltre, al lato umano. Io, ad esempio, oggi, come ieri, guardando dalla finestra vedo le montagne intorno Giffoni Val Piana che limitano il paesaggio, sono da protezione, ma spingono anche a guardare oltre. Poi, i desideri – non li chiamo sogni – devono essere comunicati, bisogna riuscire a convincere gli altri che la propria intuizione è valida. Certo tutto questo non è facile, io ho dovuto aspettare 18 anni per realizzare la Cittadella del Cinema e 16 per la Giffoni Multimedia Valley. Ho aspettato 34 anni, una vita, ma ci sono riuscito. Non bisogna avere paura, bisogna andare avanti e amare alla follia la propria idea. 

Ce ne sarebbero tanti. Ancora oggi resto colpito quando ricevo le e-mail da parte dei ragazzi e dei genitori. La parte più bella, per me, è proprio questa: è il rapporto che si crea con le generazioni che sono passate dal Giffoni. Nelle lettere, infatti, si legge “Caro Giffoni”, come fosse una persona a cui si è affezionati. Poi, ovviamente, ci sono tutti gli incontri con i personaggi illustri che sono passati da qui, e sono stati tanti. Penso a Gorbačëv, al regista Truffaut o a Meryl Streep. Quest’ultima ha illuminato il Giffoni nel 2013 e vorrei che tornasse presto per mostrarle che tutto quello che volevo realizzare ha preso vita. 

Fonte: giffonifilmfestival.it

Articolo già pubblicato sul Quotidiano del Sud – l’Altravoce dell’Italia di lunedì 04/10/2020

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