In molti, a fine laurea, sono indecisi se andare direttamente a lavorare o provare un dottorato, magari all’estero.
Ecco le dieci risposte che vi spiegheranno se è giusto fare il dottorato e dove farlo.
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Il dottorato non è una buona alternativa.
Se siete indecisi fra l’iniziare a lavorare per fare qualcosa di veramente pratico oppure fare un dottorato, probabilmente è meglio non considerare il dottorato come un’alternativa.
Il dottorato richiede studio (ancora studio, già), approfondimenti ed anche tanto lavoro. Perciò, se avete in mente qualcosa che volete approfondire, qualcosa che non vi peserebbe studiare e dedicarci (molto) tempo, allora cercate un professore che sia disposto ad aiutarvi e che abbia un progetto sul vostro campo d’interesse.
Altrimenti, se non siete sicuri di volerlo fare, probabilmente è meglio non iniziarlo. Vi troverete a fare qualcosa, per anni, che non vi piace.
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Il dottorato è pagato. Anche più di un lavoro (all’estero).
Non crediate che vi toccherà studiare per nulla: non siete più soltanto studenti, adesso siete dottorandi ed anche pagati.
In Italia, tuttavia, il dottorato è ancora scarsamente retribuito; con i circa 1000€ mensili (istituti interamente pubblici) spesso si pagano solo le spese, specie nel “nord Italia”.
All’estero, invece, la situazione è migliore. Diventa davvero appetibile (sui 2000€) nei paesi nordici, come Belgio, Olanda ed i paesi scandinavi. Anche la Svizzera ha stipendi molto alti, ma è molto cara.
Sia chiaro, però: lo stipendio non è un buon motivo per fare il dottorato all’estero. Il dottorato è un “lavoro temporaneo”, e se fatto male non vi lascerà nulla, eccetto lo stipendio. A questo punto, meglio iniziare un lavoro originariamente meno retribuito ma che in futuro vi darà possibilità di far carriera, e magari guadagnare più soldi.
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Il dottorato non serve solo a diventare professori.
Per diventare professore e per fare carriera universitaria, serve il dottorato. Tuttavia, pochissimi dottorandi diventano professori. Nel campo biotecnologico, ad esempio, meno dell’1%. Per fortuna, però, il dottorato non serve solo a questo. Molte aziende, specie in campo tecnologico, cercano e preferiscono dottori. Il motivo? Col dottorato si approfondisce qualcosa che pochi altri al mondo possono vantarsi di conoscere ed inoltre si impara a “pensare”, acquisendo un metodo per la risoluzione di problemi.
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Il dottorato, come la laurea, è comunque un titolo poco utile “per se”.
Il titolo di dottore non è sufficiente a farti diventare professore e talvolta non è necessario per la maggior parte di lavori. Per un’azienda, è sufficiente che tu sappia fare quello che serva; che poi tu lo abbia imparato frequentando l’università o meno, poco importa.
Perciò, considera il dottorato come una scuola per imparare a fare qualcosa di utile (e che non sai fare) e non come un titolo da ottenere.
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Scegli il progetto, poi il gruppo di ricerca.
Lavorare troppo per qualcosa che non ti piace, si chiama “stress”; lavorare troppo per qualcosa che ami, si chiama “passione”. Nel dottorato, per farlo bene, ti toccherà spesso lavorare… parecchio. Anche più di quanto previsto. Per far ciò senza stressarti e deprimerti, scegli un progetto di ricerca che ti piace e che sei orgoglioso di portare avanti. Tra vari progetti, non dimenticarti di selezionare quelli che sono supportarti da un ottimo gruppo di ricerca. Infatti, saranno proprio i professori, i post-doc ed i colleghi a doverti aiutare, perciò è importante che anche il loro livello sia alto.
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Se hai più progetti, allora scegli la città.
Hai la fortuna di poter scegliere fra due progetti che ti piacciono e che sono ben supportati da importanti gruppi di ricerca. Come fai a scegliere?
In questo caso, senza essere troppo banali, scegli il posto che ti piace di più.
Il dottorato è lungo e duro: devi poterlo fare in un posto che ti piace, comodo e che abbia tutto ciò di cui hai bisogno.
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Il dottorato all’estero non sempre necessita un concorso. Hai però bisogno di una borsa.
L’Italia ha due particolarità.
La prima è che per iscriverti a una scuola di dottorato, devi vincere il concorso. Non importa che il miglior professore in circolazione ti voglia: il concorso devi superarlo, altrimenti non sarai iscritto alla scuola.
Inoltre, anche se vinci il concorso, non è detto che tu sia pagato.
All’estero, invece, la situazione è opposta. Spesso, non c’è bisogno di un concorso per entrare in una scuola di dottorato. Se un professore ti reputa all’altezza, ti prende nel suo team e ti “raccomanda” alla scuola di dottorato. Lui si assume ogni responsabilità.
Tuttavia, per far sì che tu entri nella scuola di dottorato, serve che qualcuno ti paghi. Difficilmente all’estero è possibile fare un dottorato senza esser stipendiati. Sebbene questa sia una nota positiva, ciò implica che spesso dovrai trovare un “grant” (una borsa di studio/assegno di ricerca) che ti paghi lo stipendio.
Pertanto, non temporeggiate per richiedere un dottorato: fatelo appena possibile. Non aspettate che i bandi delle borse di studio scadano.
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Un dottorato è flessibile, ma in negativo.
Il dottorato ha degli orari flessibili il più delle volte. Tu hai dei compiti, delle mansioni ed obiettivi e puoi “flessibilmente” decidere come e quando ottenerli.
Il problema è che questi obiettivi sono molto alti e spesso ti occorrerà lavorare molto di più di quanto sia scritto in qualunque contratto o accordo.
Week-end e nottate passate a studiare e lavorare diventeranno una routine. Però, il più delle volte, puoi organizzarti come meglio credi.
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Il tuo livello d’inglese non è un ostacolo insormontabile.
L’inglese è sicuramente necessario per fare un dottorato all’estero, specie nelle materie scientifiche. Per quanto riguarda quelle umanistiche, la situazione è anche più grave: a volte, altre lingue sono necessarie (anche più di una). Inoltre, sono poche le nazioni dove la popolazione parla fluentemente l’inglese, quindi è spesso necessario conoscere anche la lingua locale per sopravvivere.
Se tutto ciò ti preoccupa: stai tranquillo. Ciò che sicuramente serve, e se non hai faresti bene a procurarti, sono le basi d’inglese (o della lingua necessaria). Con le basi ed una continua pratica, migliorerai in modo inimmaginabile. Sarai costretto a migliorare ed a poco a poco ti sorprenderai dei tuoi progressi.
Tuttavia, preparati al meglio sin da subito; devi comunque convincere un professore che sei in gamba.
Consiglio: segui corsi se non hai le basi, guarda telefilm in inglese ed usa App e giochi che possano aiutarti ad allenarti con le lingue.
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Il dottorato in Italia dura 3 anni; all’estero 4. Come minimo.
Hai deciso di fare il dottorato, hai scelto un argomento, trovato un gruppo in una città che ti piace. Hai trovato una borsa o vinto un concorso.
Stai per iniziare ma ti rimane una domanda: “Quanto durerà la tua esperienza?”
Beh, dipende.
In Italia, il dottorato dura 3 anni. In alcuni istituti, specie i più moderni ed internazionali, dura 4. Così come all’estero.
Attenzione però: alcuni istituti o nazioni, richiedono che tu faccia una pubblicazione (come primo nome, in altre parole “tu sei il principale autore del lavoro”). Spesso, questo richiede più di 4 anni di lavoro, specie in campo biomedico, dove i lavori sono più corposi (avendo un fattore di impatto molto più elevato).
Tenetelo in considerazione.
Queste dieci risposte sicuramente ti aiutano a capire se davvero sei pronto ad iniziare il tuo dottorato (all’estero).
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