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Gli Human Rites di BEERCOCK

Intervista all’artista Sergio BEERCOCK

Venti incontra Sergio Beercock: classe 1990, attore e scrittore teatrale, cantante e polistrumentista di grande talento. Nato in Inghilterra da padre inglese e madre siciliana, ha esordito nel 2017 con l’album “Wollow”.
“Human Rites” è il secondo disco del cantautore, pubblicato lo scorso dicembre: corpo e voce sono
i due principali strumenti; le emozionanti melodie si calano in un’atmosfera magica e ancestrale, in
una mescolanza di ritmi, stili e colori diversi.

Noi di Venti abbiamo assistito al suo concerto in diretta Facebook: uno spettacolo elegante,
delicato e potente in cui si intrecciano poesia e musica.
Grazie per aver accettato la nostra intervista!

1) Ci parleresti un po’ di te e di come è nata la tua musica?

Da piccolo correvo intorno al tappeto con la “Marcia Turca” di Mozart a tutta velocità e papà
per farmi addormentare canticchiava blues. In adolescenza sono passato per il black metal e
per la world music e ora eccomi qui a correre intorno per la città canticchiando soul music. Il
richiamo della musica è arrivato prima della recitazione, e per forza di cose (come si suol dire)
mi sono ritrovato a fondere i miei due mestieri: da qui mi è stato attribuito il ruolo di performer,
a metà fra musicista e attore. La gran parte delle mie soundtracks sono suonate dal vivo da me
stesso durante gli spettacoli teatrali, raramente ho consegnato una traccia audio da mettere in
onda.

2) Come hai vissuto il lockdown e quale effetto ha avuto sulla tua creatività?

L’effetto sull’umore è stato, come per tutti, quasi devastante. Ma ho imparato negli anni a usare
gli ostacoli come trampolini: non avevo altro che la mia voce e il mio corpo per fare quello che
volevo. Quando ho preso coscienza di questa cosa ho capito che non mi serviva altro.

3) A quale canzone del nuovo album sei più legato e perché?

L’album è nato da un grande senso di Urgenza, non sento di poter fare distinzione fra le sue
varie parti.

4) Con quale artista ti piacerebbe duettare e chi vorresti scrivesse una canzone per te?

Devo essere sincero: ci sono tante di quelle menti che ammiro, che non saprei decidere al
momento.

5) Durante lo spettacolo live hai citato dei versi sacri, nello specifico le parole di Qoèlet, figlio di
Davide. Che valore riveste la spiritualità nella tua vita?

Non sono e non sono mai stato religioso. Ma sono cresciuto sulle montagne: conosco i boschi,
gli acquitrini e la lentezza del Tempo. So che l’Uomo corre e si affanna, e che lo fa da sempre.
E Qoèlet ha ammonito i suoi lettori oltre duemila anni fa. La spiritualità ha nella mia vita lo
stesso posto della letteratura: raccoglimento e condivisione. Ma non sono un mistico: credo
nella magia dell’Uomo nel Mondo terreno. I riti del titolo non sarebbero stati umani altrimenti.

6) Città o luoghi che ti ispirano particolarmente?

Città? Enna, la rocca al centro della Sicilia, dove sono cresciuto. Torino, la città in cui ho
scoperto la mia sessualità e il mio corpo. Palermo, il posto dove attualmente vivo e dove traggo
l’ispirazione dalle cose della quotidianità. Poi tutti i luoghi che incontro camminando o guidando sono potenzialmente ispiranti. L’ispirazione è una cosa legata a come respiro, non a dove.

7) Primo concerto dal vivo dopo la pandemia: dove ti piacerebbe esibirti?

Sulla punta di una montagna o in mezzo a un lago.


E noi speriamo presto di poter assistere ad un tuo concerto dal vivo!
Grazie Beercock e complimenti per la magia della tua musica. In bocca al lupo per i tuoi prossimi progetti!

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