Gli ultimi non saranno ultimi (fuori dall’Ariston)

Non solo Vasco e Zucchero: la rivincita di chi non ha sfondato al Festival

«Comunque vada, sarà un successo»: il benaugurante refrain pronunciato da Piero Chiambretti al Festival di Sanremo 1997 racchiude una promessa di fama e popolarità che non sempre trova conferma nei dati di vendita, nei passaggi radiofonici e nelle apparizioni televisive dei cantanti sbarcati al Festival di Sanremo. Una condizione che accomuna i tanti interpreti che hanno rincorso invano la celebrità, scivolando presto nell’anonimato, e persino alcuni vincitori della rassegna: senza scomodare i Jalisse di Fiumi di parole – mai più tornati a Sanremo dopo l’inaspettata vittoria di 25 anni fa – potremmo citare Tiziana Rivale (a segno nel 1983 con la dimenticabile Sarà quel che sarà) e, in tempi più recenti, Marco Carta e Valerio Scanu, entrambi ripescati in tempi recenti dai reality show dopo i successi sanremesi del biennio 2009-2010. Tuttavia, la storia del Festival ha dato ragione anche a chi, scartato dalle giurie o relegato in coda alle classifiche, si è poi preso la rivincita in radio, nei negozi di dischi o sulle piattaforme di streaming, nobilitando l’adagio secondo il quale il tempo è galantuomo.

I PESI MASSIMI – Mina e il Festival di Sanremo: un idillio mai sbocciato. Due partecipazioni in tutto e un quarto posto con Io amo tu ami nel 1960, quando presentò anche la memorabile Le mille bolle blu. Eppure, la futura signora della canzone italiana ebbe il merito di ripescare canzoni che sarebbero altrimenti passate sotto silenzio: Nessuno, proposta nell’edizione del 1959 da Wilma De Angelis e Betty Curtis, e La voce del silenzio di Tony Del Monaco, 14ª e ultima nel 1968, sono diventate due classici della canzone italiana per esclusivo merito della Tigre di Cremona. Non è andata meglio a Lucio Battisti: la trascinante Un’avventura – eseguita in tandem con Wilson Pickett nel 1969 – si piazzò soltanto nona, attirando su di sé gli strali della critica, che non esitò a definire «modesto» il suo interprete. Pochi mesi più tardi, il cantante di Poggio Bustone avrebbe vinto il Festivalbar con Acqua azzurra, acqua chiara per poi arrivare al numero 1 della classifica dei 45 giri con Mi ritorni in mente/7 e 40. Non meno sorprendente, infine, fu l’esclusione dalla finale di Sanremo 1966 de Il ragazzo della Via Gluck, la canzone-manifesto della carriera di Adriano Celentano: l’Italia dei buoni sentimenti e delle rime baciate non era ancora pronta per un brano apertamente ecologista, che prendeva di mira le contraddizioni del progresso («Solo case su case/Catrame e cemento»). Le provocazioni del Molleggiato, però, ricevettero tutt’altra accoglienza appena quattro anni più tardi: la contestatissima Chi non lavora non fa l’amore, cantata assieme a Claudia Mori, gli fruttò il primo premio.

CLASSIFICHE BUGIARDE – Il palco dell’Ariston – che prese il posto del salone delle feste del Casinò municipale a partire dal 1977 – ha respinto frettolosamente anche Zucchero e Vasco Rossi, che frequentarono il festival dei fiori nella prima metà degli anni Ottanta. L’artista reggiano partecipò per quattro volte a Sanremo tra il 1982 e il 1986, non spingendosi mai oltre il 20° posto (con Nuvola, datata 1983). Il voto popolare – espresso con le famigerate schede del Totip – bocciò anche un capolavoro come Donne, 21ª e penultima nell’edizione 1985. Stessa sorte anche per il rocker modenese, che occupò le retrovie della classifica sia nel 1982, quando portò al Festival la stralunata Vado al massimo, sia l’anno seguente con Vita spericolata. Ciò non impedì al Blasco di rompere il rigidissimo protocollo sanremese in diretta tv: alla sua prima partecipazione, lasciò il palco infilando il microfono nella tasca della giacca. Ben più eclatante, però, fu la sua uscita di scena al Festival del 1983: nel corso della prima serata, Rossi si dileguò dal palco ancor prima di aver finito di cantare (in playback, oltretutto). Rivedere l’immagine del palco vuoto con la musica in sottofondo produce ancora oggi un effetto straniante. A proposito di emiliani: gli Stadio collezionarono addittura due ultimi posti, nel 1984 (con la stupenda Allo stadio) e nel 1986 (con Canzoni alla radio). Eppure, il tempo avrebbe risarcito anche il gruppo guidato da Gaetano Curreri, che sbancò Sanremo nel 2016 con Un giorno mi dirai. L’Ariston, infine, non è stato indulgente neppure con i Negramaro: Mentre tutto scorre, con cui la band di Giuliano Sangiorgi si esibì nel 2005 tra i giovani, non arrivò neppure in finale. Alla fine dell’anno, l’omonimo album fu il secondo più venduto in Italia alle spalle di Convivendo parte 2 di Biagio Antonacci. Sì, quella volta è stato un vero successo.


Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni