È sicuramente condivisibile all’unanimità l’opinione secondo cui per chi l’ha vissuto il lockdown resterà indimenticabile.
Abbiamo fatto qualche domanda al Dott. Simone Delia, giovane psicologo che durante il lockdown, come tanti altri professionisti, ha offerto assistenza telefonica gratuita, cercando per quanto possibile di aiutare i pazienti a non sprofondare nell’abisso della solitudine.
Dottore Delia, quali sono state le difficoltà legate ad una consulenza psicologa per così dire “telematica”?
La consulenza psicologica telematica ha avuto una duplice valenza, una positiva, in quanto si riesce a dare sostegno e aiuto a gente che vive a miglia di kilometri di distanza, garantendo un servizio efficiente in un momento di totale dissesto. Invece, l’aspetto negativo è stato dovuto alla mancanza di possibilità di osservazione diretta, questo non ha permesso di mettere in risalto fattori fondamentali come il percepire le emozioni e le espressioni durante il colloquio, fattori predominanti per indirizzare la consulenza sulla “strada giusta”.
Quanto è stato importante non lasciare sole queste persone, quali ripercussione si sarebbero potute palesare qualora non fosse stato reso questo servizio?
Sicuramente il lavoro di sostegno psicologico telematico è stato fondamentale per aiutare tutta quella parte di popolazione che si è ritrovata a modificare la propria vita, tanti bravi psicologi hanno dimostrato che sono in grado di aiutare le persone,anche a distanza e usando il web e questo è stato un aspetto decisivo visto che i sintomi di depressione, ansia, attacchi di panico sono aumentati considerevolmente. L’isolamento sociale ha influito molto su quella parte di popolazione che viveva in situazioni precarie, in abitazioni non molto adempienti o che hanno perso il lavoro durante il lockdown sconvolgendo il vivere quotidiano, causando importanti momenti di sconforto. Sicuramente altri fattori psicologici come l’ansia per la malattia e la paura del contagio, sono state le cause predominanti per la richiesta di molte delle persone.
Quali sono gli effetti psicologici avutosi post lockdown? In che modo cambiano in base all’età?
Gli effetti causati dal post lockdown includono tutti quei disturbi psicologici, che includono malessere, insonnia, stress, ansia, rabbia, irritabilità, sfinimento emotivo, depressione e sindrome da stress post-traumatico. Tra questi, i più frequenti sono malumore e irritabilità. I casi possono variare anche in base all’ambiente famigliare e domestico, nei casi in cui i genitori sono stati costretti in isolamento con bambini piccoli, le conseguenze psicologiche sono state ancora più pesanti, infatti è stato riscontrato un possibile trauma causato dallo scompenso della pandemia.
Quanto è aumentata l’antropofobia, può spiegarci cos’è?
L’antropofobia la si può definire come il timore angoscioso provato durante l’esposizione ad una folla o addirittura ad un singolo soggetto. Sicuramente la pandemica, ed il lockdown non solo ha modificato le abitudini ma ha causato anche la paura dell’alto. Essendo stati letteralmente bombardati da notizie che evidenziano la forte carica batterica del Covid 19, ci ha permesso di mettere in allerta e di rivisitare il nostro modo di stare in mezzo alla gente e di relazionarci con l’altro. A maggior ragione, chi già si addossava in presenza problemi di tipo relazione, ha aumentato e incrementato questo disagio.
Cosa consiglierebbe alle persone affetta da fobia sociale?
Le perone che soffrono di fobia sociale consigliere di riprendere in mano la loro vita, affidarsi ad un professionista è la soluzione giusta per “rinascere” definitivamente. La fobia sociale causa una forte ansia e paura nei confronti di situazioni o prestazioni sociali. Il lockdown ha messo in grande prova chi già soffriva di questo disturbo in precedenza, aumentando ancora di più il disagio in situazioni che già in precedenza si evitavano.
In che modo è possibile superare l’ossessione del contatto che magari porta molti ad isolarsi totalmente?
L’ossessione per il contatto è una delle conseguenze di questa pandemia, sicuramente l’usciere di casa e avere l’ossessione del contagio non permette un relazionarsi con l’altro in modo fluido. È accertato che chi soffre di disturbi ossessivo-compulsivi tende ad evitare quella determinata situazione che crea angoscia, sfociando in un ritiro sociale tale da vedere il mondo esterno come estremamente minaccioso. Il rivolgersi ad uno specialista è la prima cosa da fare, tale da permettere al paziente di stipulare un intervento mirato al superamento di questa ossessione, con obiettivi concordati ed in grado di garantire il reintegro nella vita sociale.
Che cos’è la sindrome della capanna?
La sindrome della capanna è caratterizzata da un senso di smarrimento che spinge un soggetto a voler rimanere nel proprio rifugio, tale da non voler varcare la soglia della propria casa. Dopo aver trascorso giorni all’interno della propria abitazione il nostro cervello si è adattato a quel senso di sicurezza e protezione che ci da il rintanarsi in un ambiente sicuro. Può svilupparsi anche il rifiuto di tornare alla normalità, ai rapporti, sfociando in una condizione di isolamento che non ci permette di “tornare a vivere”.
Pensa che le tendenze suicide siano aumentate a seguito del lockdown?
Si, sicuramente il rischio di condotte suicide è aumentato durante il lockdown. I fattori possono essere svariati, come: la perdita del lavoro, fattori patologici pregressi, la perdita a causa del Covid di persone care, sfociando così in fattori depressivi. Si può assolutamente affermare che il lockdown ha scaturito un senso di insicurezza che ha dissestato totalmente le nostre vite.
Articolo già pubblicato su Il Quotidiano del Sud – l’Altravoce dei Ventenni il 14 settembre 2020