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Flussi migratori irregolari: le diverse forme di protezione garantite dallo Stato

I dati registrati dal “cruscotto sbarchi”, consultabile sul sito del Ministero degli Interni, registrano ad oggi un aumento del numero dei migranti sbarcati in Italia a decorrere dal 1 gennaio 2023 alla data del 4 luglio 2023, in comparazione con i numeri riferiti allo stesso periodo degli anni 2021 e 2022: 66.014 persone sono sbarcate sulle coste italiane nel 2023, a scapito delle 28.945 del 2022 e delle 21.619 del 2021. 

A seguito dell’ingresso nel nostro Paese, diverse sono le “porte” giuridiche che possono aprirsi: alcune persone verranno riconosciute come “rifugiati” con il conseguente esercizio del diritto di asilo, altre saranno soggette alla “protezione internazionale”. Qui di seguito le definizioni e le differenze tra gli istituiti menzionati. 

Rifugiato politico o semplicemente rifugiato, è l’individuo che, già appartenente per cittadinanza ad un altro Stato, è accolto, in seguito a vicende politiche, nel territorio di un altro Stato e diviene oggetto di norme internazionali intese ad assicurarne la protezione. La Convenzione di Ginevra del 1951, cui l’Italia ha aderito, prevede, all’articolo 1A, che rifugiato è colui “che temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale, o per le sue opinioni politiche, si trova fuori dal Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che, non avendo cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra”.

La condizione del rifugiato è associata all’esercizio del diritto di asilo, riconosciuto nella nostra Costituzione all’art. 10, il cui comma 3 sancisce: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”. 

Allo straniero che risponde alle condizioni previste dall’articolo 1A della Convenzione di Ginevra, si riconosce lo status di rifugiato, mentre, allo straniero che non possiede quei requisiti, si può riconoscere la protezione sussidiaria, laddove sussistono fondati motivi per ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno. 

Lo status di rifugiato e le forme di protezione sussidiaria sono riconosciute all’esito dell’istruttoria svolta dalle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale: in base a quanto previsto a livello normativo europeo dal c.d. Regolamento Dublino II, lo straniero può richiedere la protezione internazionale nello Stato di primo ingresso che, pertanto, diviene competente ad esaminare la domanda. 

Ulteriore fattispecie, è la protezione temporanea che può essere concessa nei casi di afflusso massiccio o di imminente afflusso massiccio di sfollati provenienti da Paesi non appartenenti all’Unione Europea che non possono rientrare nel loro Paese d’origine al fine di garantire una tutela immediata e temporanea, qualora sussista il rischio che il sistema d’asilo non possa far fronte a tale afflusso.

Di fonte esclusivamente interna è la protezione per motivi umanitari, la cui disciplina è contenuta nel Decreto Legge n. 113/2018, convertito nella Legge n. 132/2018. La protezione umanitaria trae origine dalla previsione europea circa la possibilità per gli Stati membri di ampliare l’ambito delle forme di protezione tipiche sino ad estenderlo ai motivi “umanitari”, “caritatevoli” o di “altra natura”, rilasciando un permesso di soggiorno autonomo o altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare ad un cittadino di un Paese terzo il cui soggiorno sia irregolare (articolo 6, paragrafo 4, direttiva 115/2008/UE). 

E’ importante ricordare, a tale riguardo, che il Decreto Legge n. 113/2018 ha mutato la disciplina legislativa della protezione degli stranieri per motivi umanitari, prevista dal Testo unico in materia di immigrazione (articolo 5, comma 6, Decreto Legislativo n. 286/1998) sopprimendola quale istituto generale e mantenendo solo singole tipologie di protezione “speciale” riconducibile a movente umanitario. 

Il diritto di asilo figura tra le materie di competenza dell’Unione Europea, la quale persegue una “politica comune”, mediante un “sistema europeo comune di asilo” (articolo 78 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea);  l’Italia ha recepito la normativa europea, ed in particolare le diverse direttive adottate in materia, innanzitutto attraverso il Decreto Legislativo n. 251/2007, in ordine ai presupposti ed ai contenuti delle due forme di protezione internazionale, e poi con il Decreto Legislativo n. 25/2008, per come modificato dal Decreto Legislativo n. 142/2015, sulle procedure ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale.

Purtroppo, la gran parte dei rifugiati in Italia ed in Europa, approda sul territorio affrontando viaggi poco sicuri e attraverso mezzi poco idonei a sostenere il trasporto di persone nelle lunghe tratte. Gli sbarchi irregolari costituiscono un fenomeno quotidiano degli ultimi decenni, che l’Unione Europea, ed in primo piano l’Italia, devono fronteggiare. L’auspicata solidarietà e collaborazione tra i paesi membri, in osservanza alle prescrizioni del Trattato sull’Unione Europea, rappresenta, sempre più spesso, un obiettivo irraggiungibile. Gli egoismi interni e gli idealismi populistici tendono ad avere il sopravvento sulla solidità nella coesione per la gestione dei flussi migratori. 

E mentre i politici sono intenti nella ricerca di una soluzione “comoda” a noi Paesi fortunati, di serie A, le tragedie in mare non cessano.


Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni

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