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FANTASMI DEL PASSATO – SE TORNASSIMO ALLA LIRA?

APPUNTI DI ECONOMIA

Note:

Di Marinella Amato

All’indomani delle elezioni europee non si può far a meno di notare come i movimenti antieuropeisti abbiano guadagnato un ruolo di primo piano nei vari Paesi, basando la loro campagna elettorale principalmente sull’impossibilità di restare nell’unione monetaria.

Negli appunti di questo mese, analizzeremo quali sono i possibili scenari derivanti da un’eventuale uscita dall’Euro per l’Italia.

Chi sostiene un’uscita dall’Euro adduce come principale motivo il fatto che con una ritrovata sovranità monetaria la lira potrebbe essere svalutata, portando così ad un incremento delle esportazioni.

Il meccanismo è il seguente: se il valore di una  moneta  diminuisce rispetto alle altre, diventa più conveniente per chi possiede altre monete comprare i beni che sono prezzati con una moneta che vale meno, poiché in questo modo con la stessa quantità di moneta potrebbero comprare più beni. Così le imprese dello Stato la cui moneta vale meno delle altre potrebbero esportare di più, aumentando così la produzione che porterebbe ad una generale espansione economica.

Nello specifico del nostro Paese, se lo Stato potesse decidere se e quando svalutare una moneta, la banca d’Italia al giorno d’oggi sicuramente ricorrerebbe a questa manovra per poter dare impulso all’economia interna.

La domanda che sorge è: questo meccanismo, che storicamente è stato molto importante e fruttuoso, sarebbe ancora in grado di portare ad un Paese i suddetti benefici?

Come sappiamo, il mondo e l’economia sono al giorno d’oggi “globalizzati” intendendo con questo termine che vi è una frammentazione della produzione tra più paesi, con elevati flussi commerciali di beni intermedi, organizzati prevalentemente dalle imprese multinazionali nell’ambito di catene globali del valore (GVC). Di conseguenza il vantaggio di prezzo che deriverebbero dalla svalutazione della moneta nazionale dando impulso alle esportazioni, potrebbe perdere di importanza rispetto a quella che è l’esperienza storica dei paesi. Inoltre è stato dimostrato che non vi è una forte relazione statisticamente significativa tra tassi di cambio e livello di profitto delle aziende.

Osservando la composizione delle esportazioni italiane e la domanda di beni italiani, si nota che l’Italia esporta per la maggior parte alla Germania, ma che la domanda principale proviene dagli USA. Questo si spiega con il fatto che l’Italia esporta alla Germania non solo prodotti finiti, ma soprattutto beni che sono parti di prodotti che la Germania poi venderà agli USA, i cosiddetti “beni intermedi”. Se in questo contesto si applicasse un sistema di monete locali, ipotizzando una svalutazione della lira, ma non dell’euro tedesco, si avrebbe probabilmente un aumento delle esportazioni dirette. Tuttavia oggi la gran parte del commercio internazionale di beni avviene attraverso le catene globali del valore, in cui è difficile entrare e in cui sono richiesti alti standard per l’esportazione. Costare di meno non è quindi la determinante del volume delle esportazioni. Guardando i dati disponibili si nota che esiste una relazione positiva tra variazione della quota di mercato delle nostre esportazioni in un dato settore e variazione ritardata della quantità di beni esteri che quel settore utilizza per l’esportazione: ciò significa che per esportare di più è necessario importare di più. Pertanto in un sistema di GVC svalutare sarebbe deleterio per le nostre imprese. Infatti con una moneta più debole, si farebbe fatica ad importare poiché sarebbero necessarie molte lire per comprare in dollari.

Per quanto riguarda le esportazioni indirette, bisogna chiedersi cosa succederebbe alla domanda americana di beni tedeschi. Gli americani guardano al prezzo dei beni tedeschi, da cui a sua volta dipende la domanda di beni intermedi italiani. Tale prezzo non sarebbe controllabile dall’Italia in nessun modo (mentre con l’Europa è controllabile tramite BCE). Con una svalutazione della lira, l’unico effetto sarebbe quello di fornire beni intermedi a basso costo alla Germania, che avrebbe così un maggiore profitto. D’altra parte, le imprese italiane pagherebbero di più per l’importazione di beni tedeschi.

Un’uscita dall’euro porterebbe perciò ad un aumento dei profitti in Germania e ad una loro diminuzione in Italia.

Verrebbe così meno il motivo stesso per cui molti pensano che l’Italia debba uscire dall’Euro. Insomma, in questo caso è vero il detto “l’unione fa la forza”.

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