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Fabrizia Cesarano

Mi sarebbe piaciuto parlarle di persona, anzi, ascoltarla di persona, senza che il mio telefono si spegnesse durante la videochiamata. Mi sarebbe piaciuto soprattutto  abbracciarla a fine chiacchierata e dirle da vicino che è stato un vero piacere per me parlare con lei. Invece no. Tutto è stato fatto tramite I-phone, tramite la fibra. Ma menomale, altrimenti l’avrei vista chissà quando, o comunque, avrei dovuto aggiungere alla lista delle cose da fare a fine quarantena anche questo. Invece no. Ho avuto la possibilità di intrattenermi con lei in un tardo pomeriggio di giovedì, di farmi catapultare nel suo mondo, precisamente nella sua stanza soppalcata, adornata di pennelli e tele. Molte di queste ancora incomplete.

Sto parlando di Fabrizia Cesarano, ragazza napoletana che solo pochi anni fa ha “scoperto” la passione per la pittura. Fabrizia si è laureata con 110 e lode in Giurisprudenza alla Federico II, ha svolto la pratica forense presso l’Avvocatura dello Stato e ha vinto la borsa di studio per il dottorato di ricerca in diritto civile. Tutti questi “piccoli successi” me li ha a malapena menzionati, si è invece soffermata su quanto per lei sia stato difficile trovare la sua dimensione e su quanto sia fin troppo facile ,invece, sentirsi persi, smarriti, inadeguati e senza punti di riferimento post lauream. La passione per la pittura però non è mai vacillata, nemmeno in quel periodo, anzi, si è intensificata. E’ venuta fuori nel 2016 al suo rientro a casa dopo l’Erasmus in Spagna, poiché ad accoglierla c’era la sua camera di un bianco quasi insostenibile, decisamente troppo spoglia per chi, come lei, ha dentro così tanto. Soprattutto dopo quei mesi trascorsi lontano da Napoli. Senza perdersi d’animo infatti ha subito riesumato tutto il set per dipingere che le era stato regalato poco tempo prima. Ha realizzato così il suo primo quadro, un trittico: il Vesuvio. Da quel momento – mi ha detto –  “non riesco più a smettere”.  Mi ha rivelato che la rappresentazione dell’eruzione è uno dei momenti che più adora dipingere, infatti si serve di diversi strumenti, in particolare di bastoncini di legno. Diverse comunque sono le modalità in cui lo rappresenta, ma ormai diverse sono le opere che ha realizzato sia per piacere, sia per commissione.

Con la pittura, riesce a dare sfogo e a trasmettere tutto quello che ha dentro, soprattutto di notte non credo affatto sia un caso che dipinga quando il sole di Napoli lascia spazio alla luna, quando il traffico assordante si dilegua, quando le luci dei balconi si spengono e quasi tutto ormai tace. Non credo, perché è proprio in quel momento che i pensieri più profondi escono in maniera un po’ insolente e danzano. Quelli di Fabrizia me li immagino che, dopo aver preso forma, con una serie di pirouette le escono dal petto e con una spaccata verticale si attaccano alla tela, o meglio, al cratere.

Non mi ha mai parlato di tecnica – se non in poche occasioni – perché ritiene di non averne, infatti, ha deciso soltanto pochi mesi fa di prendere delle lezioni di disegno (non di pittura) per migliorarsi. Lo stile invece è tutto suo e  si nota! C’è una sorta di richiamo continuo e mai banale al territorio napoletano allo stato primordiale che riesce a coinvolgere lo spettatore. Con lei Napoli non è semplicemente una città, è un mondo. Ne parliamo e mi sembra di percepire lo stesso attaccamento che nutro anch’io per questa terra ricca di bellezze e contraddizioni, anche se poi, come me, più volte l’ha lasciata per poi scoprire ancora più forte il piacere di ritrovarla.

Le sue amiche sono le sue più grandi fan, infatti, è stato proprio grazie alla pubblicazione su Facebook di una foto di un quadro da lei realizzato per una di loro che ha ricevuto la sua prima commissione. Poi la seconda, la terza e così via.. Da quella volta tante cose sono cambiate, tante le opere realizzate, molte di queste sono frutto di richieste pervenute da proprietari di B&B e di Hotel. Tante le persone che ha ricevuto in visita in casa per mostrare i suoi quadri, ancor di più sono quelle esperte di arte e del diritto dell’arte che ha avuto modo di conoscere e da cui ha ricevuto molti consigli. Questo è stato possibile grazie anche alla pagina “Inartebizia”. È riuscita ad esporre i suoi quadri non soltanto in camera sua, ma anche al Castel dell’Ovo a Napoli con la Fondazione Modigliani, nel salotto culturale della Treccani, al Salone Margherita con l’associazione Rotaract Napoli-Ovest e così via.. Anche se mi ha confessato che uno dei suoi sogni è quello di avere un atelier tutto suo dove poter dipingere ed esporre.  L’ultima esposizione è al Bar La Nova Central dal 6 febbraio, in piazza Santa Maria La Nova -ovviamente ora sospesa dato che il bar è chiuso a causa dell’emergenza sanitaria in corso.

Quando le ho chiesto come sta trascorrendo questa quarantena e soprattutto se dipinge di più, mi ha risposto che ne sta approfittando per portare a termine delle commissioni, ma che non si sente per niente ispirata. Nel frattempo mi gira la telecamera e mi mostra tutti i suoi lavori in sospeso, sono tanti e ci sta lavorando contemporaneamente, perché altrimenti –confessa- finirebbe per odiarle tutte.

Abbiamo parlato tanto, dal momento che condividiamo lo stesso percorsi di studi, e quando le ho chiesto dove si vedesse tra cinque anni non si è presa nemmeno cinque minuti per riflettere. Ha le idee chiare oggi: “non in un tribunale!” Non le piace per nulla l’ambito forense. Spera di intraprendere la carriera accademica perché, proprio come quando dipinge, vuole trasmettere quello che ha dentro. D’altronde che senso ha vivere senza dare? Dare arricchisce. Quindi, tra cinque anni si immagina ancora a trascorrere le giornate a fare quello che ama. Non mi dice mai, a differenza dei suoi colleghi, “lavorare”. Non le piace utilizzare questo verbo, perché ritiene di avere la fortuna di fare quello che davvero le appassiona: analizzare la realtà, anche se con la pittura è un’analisi diversa, priva di regole, libera. Vuole dunque continuare a studiare, scrivere e dipingere.

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