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Euro 2020: tra ripartenza sportiva e voglia di vincere

Photo by Bence Balla-Schottner on Unsplash

Nemmeno il tempo di lasciarci alle spalle la più insolita, ma non per questo meno bella, stagione calcistica della storia, che siamo pronti nuovamente a rituffarci nelle emozioni che solo la palla rotonda sa offrirci. Il prossimo 11 giugno, infatti, prenderà il via a Roma l’edizione 2020 dei campionati europei.

Analogamente a quanto avverrà per le Olimpiadi, non cambia il nome della competizione calcistica, dunque, non avremo a luglio i campioni d’Europa dell’edizione 2021, bensì dell’edizione 2020. Il mondo dello sport cerca di cancellare gli effetti della pandemia. Probabilmente, chi leggerà gli almanacchi tra un secolo non avrà notizia dello sconvolgimento che, in realtà, stiamo, si spera, faticosamente superando.

Volendo perseguire sulla scia della normalità sarà un europeo con gli stadi parzialmente pieni. La capienza sarà al 25% ma anche questo rappresenta un passo in avanti rispetto agli stadi a porte chiuse, con la possibilità di vedere la partite unicamente in tv, a cui ci siamo abituati.

La prima partita Turchia – Italia si disputerà allo stadio Olimpico di Roma e la finale sarà esattamente un mese dopo nello stadio di Wembley a Londra. Ecco l’ulteriore novità di questa edizione, il torneo si disputerà in ben 10 nazioni diverse. Italia, Russia, Germania, Danimarca, Azerbaigian, Inghilterra, Spagna, Scozia, Paesi Bassi, Romania e Ungheria ospiteranno i diversi incontri della prima edizione itinerante della storia. Proprio per questo, tutte le 24 squadre partecipanti hanno dovuto ottenere sul campo la qualificazione e nessuna ha potuto godere del diritto di partecipare in quanto nazione ospitante.

Novità e tradizione dunque, anche nello sport che più di ogni altro riesce a tenere incollati gli spettatori alla tv e soprattutto riesce a far parlare di sé. Sul calcio può essere scontato e facile fare retorica. Il denaro ormai domina questo mondo, ma nonostante tutto la palla che gira è una calamita in grado di attrarre comunque la maggior parte degli appassionati, e talvolta anche dell’opinione pubblica, non solo in Italia.

Proprio per noi italiani il prossimo europeo riveste un doppio significato, che va oltre la ripartenza post Covid. C’è da riscattare il disastro del 2017, con la mancata qualificazione ai mondiali di Russia, cosa mai avvenuta prima nella storia del calcio azzurro, subita per mano di un’abbordabile avversario come la Svezia. 5 anni senza l’emozione di un torneo estivo vissuto da protagonisti, sono troppi per una selezione come la nostra abituata a dominare sui palcoscenici internazionali e per noi tifosi.

C’è anche da scrollarsi di dosso l’etichetta di selezione capace di vincere i mondiali, considerate le 4 vittorie iridate, e non gli europei. Il palmarés della competizione, infatti, ci vede presenti una sola volta nell’edizione del 1968, con una vittoria a dir poco fortunata, poiché vincemmo le semifinali al lancio della monetina, dopo lo 0-0 dei tempi supplementari e la finale si decise solo con la ripetizione della gara. La prima partita terminò infatti 1-1, la successiva finì 2-0 per noi. All’epoca non erano previsti i  calci di rigore. Se questa edizione fu particolarmente fortunata per noi, lo stesso non si può dire per quelle successive. Il golden gol di Trezeguet nella finale del 2000 ed il 4-0 subito per mano della Spagna in quella del 2012 sono ferite che sanguinano ancora.

La nazionale di Mancini non gode dei favori del pronostico, la Francia sembra una spanna sopra tutte le altre ma si sa che noi italiani nelle difficoltà riusciamo sempre a trovare la motivazione in più che ci porta a ribaltare ogni previsione. Sarà cosi anche stavolta?    


Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni

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