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Eccomi, l’atteso e ridondante ritorno di Jonathan Safran Foer

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Titolo              Eccomi
Autore           Jonathan Safran Foer
Prezzo            € 22
Dati                  2016, 672 p., rilegato
Traduttore    Piccinini, I. A.
Editore          Guanda , collana Narratori della Fenice

 

Sono trascorsi undici anni da “Molto forte, incredibilmente vicino” e dal ritorno alla vita di Oskar Shell dopo la perdita del padre negli attentati dell’11 settembre. Jonathan Safran Foer, ex enfant prodige della letteratura americana contemporanea, torna sugli scaffali con Eccomi, edito in Italia – ancora una volta – da Guanda. È subito corsa in libreria, alla ricerca di una copertina gialla occupata quasi interamente dal titolo che viene fuori come luce da un lampadario nero. La prima sensazione che ho è un richiamo al primo romanzo dell’autore, “Ogni cosa è illuminata”, ed al singolo di Colapesce “S’illumina”. Ottime premesse, insomma, se la mia mente compie già voli più o meno pindarici.

«Eccomi». Così risponde Abramo quando Dio lo chiama per ordinargli il sacrificio di Isacco. Ma com’è possibile per Abramo proteggere suo figlio e al tempo stesso adempiere alla richiesta di Dio? Come possiamo, nel mondo attuale, assolvere ai nostri dovere a volte contrastanti di padri, di mariti, di figli, di mogli, di madri, e restare fedeli anche a noi stessi?

Per tentare di immergersi in quest’opera, bisogna prestare attenzione anche alla presentazione che precede il frontespizio stesso. Bisogna capire, prim’ancora di conoscere i nomi dei protagonisti, destinati comunque a divenire familiari, che abbiamo innanzi a noi un’opera dalla portata universale, un grande romanzo famigliare.
Eccomi è ambientato a Washington DC e segue, per quattro intense settimane, la famiglia Bloch e la crisi che la travolge. Julia, architetto alla ricerca della casa perfetta, e Jacob, autore di una rinomata serie tv, sono i genitori di Sam, Max e Benjy, soffocati da una quotidianità intrisa di perbenismo e spasmodica ricerca di una perfezione inesistente. Il loro microcosmo inizia a vacillare quando il primogenito Sam, prossimo al Bar Mitzvah, viene accusato di aver prodotto un elenco di insulti razzisti all’interno della sinagoga Adas Israel. Questa ipotetica ribellione adolescenziale innescherà deflagrazioni interne all’ambiente domestico: le frustrazioni professionali, le domande esistenziali dei ragazzi, i tradimenti presunti (o reali?), la malattia del cane, i pensieri suicidi del nonno. Mentre un uragano immaginario si abbatte su casa Bloch e alcuni parenti arrivano in visita, il Medio Oriente viene colpito da un devastante terremoto che porterà, tra le altre reazioni a catena, all’invasione dello Stato di Israele. Di fronte ad uno scenario così catastrofico ed inatteso, i protagonisti del romanzo saranno costretti ad interrogarsi sul significato della parola casa, su problematiche universali, sul timore di mostrare ogni sfumatura di sé, su una religiosità ereditata che può fare da metafora per molte altre costrizioni, sul sacrificio, costante e deprimente, di compiacere chi ci sta intorno.

Il problema… è che soddisfare le aspettative ti dà una sensazione meravigliosa, però le soddisfi una volta sola – «Ho preso il massimo dei voti!», «Mi sposo!», «È maschio!» – e poi ti tocca farci i conti.

Durante la prima presentazione di Eccomi a Torino, lo stesso Safran Foer aveva dichiarato: «in questo libro volevo catturare tutti gli aspetti, racchiudere tutta la pienezza della vita dei personaggi», arrivando a precisare: «Io volevo scrivere un libro su tutto». E così è stato: ebraismo e secolarizzazione, dinamiche familiari, ricerca di se stessi, crescita individuale, problemi di coppia, pesanti eredità paterne, maieutica e social network si intrecciano in maniera sapiente.
E poco importa se vi è una profonda differenza tra ciò che i personaggi dicono e ciò che fanno, manifestazione della mancanza di coraggio nel concretizzare le loro parole. Stefano Benni direbbe loro che “bisogna assomigliare alle parole che si dicono. Forse non parola per parola, ma insomma ci siamo capiti”; ciò nonostante, ci si affeziona al linguaggio forbito di Max, alla genuinità di Benjy, alle burrasche adolescenziali di Sam, alla mania di controllo di Julia ed all’insicurezza di Jacob. L’autore descrive con precisione certosina l’universo Bloch, soffermandosi su ogni dettaglio, riproducendo discorsi, ambienti, eventi così verosimili da sembrare reali, credibili, quasi palpabili, riconducibili a quelle che potrebbero essere le dinamiche di una famiglia della middle class americana.

Eppure questo romanzo risulta ridondante. Safran Foer, nel voler descrivere tutto, porta in scena un tutto intriso talvolta di una ordinarietà così esasperata da risultare soffocante, come la mediocrità. Una letteratura alta, che insegue la bellezza, si alterna a dialoghi spenti e descrizioni ripetitive, sovrabbondanti di dettagli che soffocano e distraggono il lettore.
Come i personaggi si ritrovano schiacciati dalla quotidianità, così i temi centrali del romanzo – la fatica di restare insieme, la troppa vicinanza che rischia di allontanare, la difficoltà di accorgersi che le piccole cose fanno la felicità – fanno fatica ad emergere, soffocati da flashback, barzellette, citazioni dal Talmud.

Safran Foer gareggia con Philip Roth, i fratelli Singer, Nathan Englander; lo fa con un incipit straordinario, con ironia e arguzia, con una scrittura sapiente. Sebbene dalla sua penna ci si aspettasse di più, Eccomi ci lascia un eccezionale insegnamento: perdersi nella quotidianità e nelle piccole cose può dare tanta, tanta felicità. E ci ricorda che “la delusione non dev’essere necessariamente deludente. Il desiderio, il bisogno, la distanza, la delusione: crescere, conoscere, impegnarsi, invecchiare accanto ad un altro. Da soli si può vivere perfettamente. Ma non una vita”.

 

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