Di Zara Dugaria
La Lawsonia inermis, nota con il nome comune di henné, è un arbusto spinoso della famiglia delle Lythraceae. La tonalità del colore della polvere varia in funzione della composizione in rami (rosso) e foglie (marrone).
Spesso l’henné viene mescolato con l’indaco per disporre di una maggior gamma di colori, soprattutto per la formulazione di tinte per capelli: l’henné può infatti colorare qualsiasi tessuto contenga cheratina ed il suo effetto sui capelli dipende dal colore naturale del capello. Oltre ad un uso prettamente cosmetico ed estetico, l’henné è impiegato anche per purificare la pelle e per curare le unghie malate.
Il tatuaggio all’henné non è permanente, ha una durata variabile da due settimane ad un mese, non è affatto doloroso e lascia sulla pelle un piacevole aroma che si attenua nei primi giorni. Il colore del tatuaggio progressivamente si attenua col tempo. In un clima freddo e secco la tinta resta scura per molto tempo, mentre in un clima caldo e umido la tinta schiarisce più rapidamente. La durata del tatuaggio varia anche a seconda del pH della pelle, dei lavaggi più o meno frequenti, del sapone e dei cosmetici utilizzati.
Le prime evidenze storiche dell’uso dell’henné per abbellire il corpo risalgono al neolitico nell’attuale Turchia. Incorporato tra le usanze islamiche a partire dal VI° secolo d.C., seguì l’espansione musulmana e per questo fu largamente usato in Spagna, finché la Santa Inquisizione ne vietò la coltivazione nel 1567. I magnifici disegni dell’epoca caddero in disuso in Europa fino al XX° secolo, mentre nel Nord Africa e Medioriente tramandarono la tradizione fino ad oggi.
In India, queste decorazioni si chiamano mehndi e la loro storia risulta ininterrotta, come si può vedere dalle dame e divinità ritratte negli affreschi delle caverne di Ajanta del 400 d.C.
La tradizione vuole che l’henné sia applicato la giornata prima del matrimonio e durante la cerimonia del mehndi, che è parte integrante delle nozze, qualunque sia l’appartenenza religiosa della sposa: è una specie di addio al nubilato con tutte le amiche e parenti della sposa che, mentre i disegni vengono creati su mani, braccia, piedi e gambe, cantano canzoni tradizionali o ballano. Oggi in India qualunque celebrazione o festa è un buon motivo per il mehndi! La tradizione dice che più scura risulterà la tinta ottenuta, più profondo sarà l’amore che legherà gli sposi; ma secondo altre versioni più maligne, ciò rivelerà invece che la madre della sposa è ben felice di liberarsi di lei. A volte tra gli arabeschi vengono inserite le iniziali del fidanzato: sfidarlo a trovarle sarà un buon modo per rompere il ghiaccio dopo la cerimonia nuziale, fra sposi che ancora a volte non hanno avuto occasione di rimanere soli prima del matrimonio. Ma anche in questo innocente gioco si cela una trappola della tradizione: si dice che se non riuscirà a trovarle, non sarà certo lui a portare i pantaloni in casa.
Le ballerine di BharataNatyam, danza classica indiana, dipingono con l’henné ampi cerchi sui palmi di mani e sui piedi, oltre a ricoprire l’intera prima falange di tutte le dita.
Oggi i disegni tradizionali vengono arricchiti con l’aggiunta di polveri iridescenti o brillanti o vengono effettuati con la tecnica chiamata zardosi (dal nome di un ricamo), che prevede che il profilo dei disegni venga effettuato prima con l’henné nero ed in un secondo tempo riempito con quello classico rosso.
Ormai anche sulle nostre spiagge è da anni offerta con poca spesa (e a volte anche con altrettante ridotte certezze igieniche) l’applicazione di questi tatuaggi temporanei. Sono prodotti che, se non di provenienza certa, possono causare pesanti allergie e conseguenze dermatologiche. Appunto per evitare questi effetti, è consigliabile effettuare una rudimentale prova di allergia applicando una piccola quantità di sostanza su una porzione di pelle non in vista, prima di passare a realizzare il tatuaggio vero e proprio.
Va sottolineato che l’henné puro è di una tonalità marrone-rosso secondo la concentrazione e il tempo di posa, ma ai fini della modificazione del colore e per migliorarne il fissaggio possono essere presenti additivi chimici come la para-fenilendiammina (PPD), che può provocare allergie ritardate come la comparsa di un eczema che riproduce il motivo del disegno tracciato con l’henné. Questa allergia può condurre a lungo termine ad una super sensibilizzazione a vita, disagevole perché la PPD si trova in numerosi coloranti.
Prima di un tatuaggio all’henné, quindi, ricordatevi sempre di fare la prova allergica!