Quando lo scorso 3 luglio i social network di proprietà di Mark Zuckenberg sono incappati in uno dei down più importanti degli ultimi tempi, riscontrando numerosi disservizi per buona parte della giornata, milioni di persone di tutte le età si sono accorte di quanto la propria vita dipenda ormai indissolubilmente da essi.
Una delle piattaforme social che ha rilevato i maggiori malfunzionamenti è stato senza dubbio Instagram, i cui utenti sono stati impossibilitati a caricare foto e video e a pubblicare “stories” per parecchie ore. Se il detto popolare dice che “ci si rende conto dell’importanza di una cosa solo quando la si perde”, è bastata mezza giornata di separazione forzata per rendere chiaro a tutti il ruolo ormai centrale assunto, soprattutto nella vita dei più giovani, da parte di un social sorto nemmeno un decennio fa.
Era il 6 ottobre 2010, quando i due ingegneri Mike Krieger e Kevin Systrom lanciarono la loro nuova creazione, risultato di una lunga gestazione di idee, nella quale ebbe un particolare peso anche il nostro paese. Infatti, proprio come gli aristocratici inglesi nel XVIII secolo, Systrom, durante il terzo anno di università, intraprese un viaggio in Italia in cui potè dare sfogo alla propria passione per la fotografia. Non potendo portare con sè la propria reflex, troppo ingombrante per il bagaglio, optò per una Holga, una macchina fotografica a rullino, simile alla Polaroid, dal corpo in plastica e capace di scattare foto quadrate con sfumature molto particolari, tutte caratteristiche che anche il lettore meno attento potrà facilmente collegare all’Instagram attuale.
Dopo essere tornato negli Stati Uniti ed aver concluso gli studi di ingegneria a Stanford, Systrom cominciò a lavorare a Google e nel tempo libero, assieme a Krieger ed altri amici, si mise ad elaborare un’app per viaggiatori, chiamata Burbn, che desse la possibilità agli utenti di postare una foto-ricordo in ciascuna località raggiunta. Le scarse funzioni e i pochi incentivi all’utilizzo resero però Burbn un insuccesso.
A dare una seconda possibilità ai due ingegneri fu la moglie di Systrom, la quale intuì l’enorme potenzialità della condivisione fotografica e spinse il marito a ricominciare da zero, puntando alla realizzazione di un’applicazione che permettesse di scattare foto e di condividerle con gli amici.
Sin dal giorno del lancio Instagram riscosse un enorme successo, tanto che nei primi due mesi di attività raggiunse e superò il milione di utenti e nel corso del primo anno sfondò il tetto dei dieci milioni.
Ma se la condivisione di foto e la possibilità di modificarle tramite filtri di vario genere ha dato un successo immediato alla piattaforma, le scelte intraprese successivamente hanno dato la possibilità di aumentarne la popolarità ben oltre le aspettative, snaturando però, almeno in parte, l’idea originaria dei creatori.
Già nel 2011 vennero introdotti gli hastagh, che da allora in avanti hanno facilitato gli utenti nella ricerca di contenuti su argomenti e temi specifici. Due anni più tardi (2013) fu introdotta la possibilità di pubblicare brevi video oltre alle foto, fattore che portò l’utenza addirittura oltre i cento milioni di profili. Ma l’elemento che, più di ogni altro, ha determinato il boom di Instagram, è stato l’istituzione delle ”stories” a cavallo tra il 2015 ed il 2016. L’impatto che le storie hanno avuto sul social network può definirsi tanto straordinario, quanto inequivocabile: se infatti all’inizio del 2016 gli “Instagramers” erano all’incirca trecento milioni, appena un anno dopo sono pressochè raddoppiati, attestandosi ben oltre i cinquecento milioni.
La popolarità delle storie è legata soprattutto alla loro capacità di non dover mostrare unicamente il meglio (come avviene nei post), ma, vista la loro durata di appena 24 ore, possono presentare ciò che avviene nella vita quotidiana, anche se di contenuto leggero e qualità non eccelsa.
Dal 2016 in avanti la crescita di Instagram non è stata più soltanto costante, ma esponenziale, tanto che nel maggio di quest’anno è stata raggiunta l’inimmaginabile cifra di un miliardo di utenti.
Un miliardo come i dollari che, già nell’aprile del 2012, il lungimirante patron di Facebook, Mark Zuckenberg, decise di sborsare pur di accaparrarsi questo social network, di cui intravedeva il gigantesco potenziale, soprattutto economico.
L’avvento delle pubblicità e del “Timeline algorithm” hanno infatti reso Instagram una vera e propria miniera d’oro.
Se inizialmente i post apparivano sulla home in ordine cronologico, ora, grazie all’inserimento di una serie di algoritmi, appaiono prima quelli di maggior interesse in base ai gusti di ciascun utente (espressi dai like a pagine e contenuti relativi a determinati temi), fatto che ha portato ad una diminuzione di visibilità e crescita, che ha spinto molti a pagare pur di apparire a più persone possibili.
Essendo Instagram il social più diretto e meno dispersivo, vista anche la presenza limitata di link che portano gli utenti fuori dall’applicazione (caratteristica invece tipica, ad esempio, di Facebook), ha attratto su di sé le attenzioni dei gradi brand, oltre che di giovani ambiziosi pronti a lanciare le proprie attività, i quali, sfruttando al meglio le possibilità offerte dalla piattaforma di “incanalare” gli utenti verso determinati campi d’interesse, possono spingerli, di conseguenza, a particolari profili, pagine e prodotti che essi sponsorizzano.