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Dalla Sicilia all’Islanda: la storia di Francesco Li Vigni, guida turistica sui ghiacciai

Francesco Li Vigni è un giovane che ha scelto di intraprendere una carriera particolare e affascinante: la guida nei ghiacciai in Islanda. Oggi avrò l’occasione di raccontarvi la sua incredibile storia.

Raccontaci di te

Sono sempre stato amante della natura. Come viaggio della maturità decisi di andare in Canada, per vedere balene e orsi; per circa un mese mi immersi nella natura canadese, e da lì nacque in me il desiderio di trasformare la mia passione per la natura in un lavoro. Lì entrai in contatto con altre guide locali, che dal punto di vista lavorativo mi affascinavano molto. Nel frattempo durante i semestri continuavo a tempo pieno i miei studi da interprete e traduttore, mentre d’estate coltivavo questa passione da autodidatta – tornando in Canada e in Alaska – esplorando nuovi luoghi.

Dopo la laurea triennale decisi di affrontare questa passione in modo serio e dalla Sicilia mi trasferii nel nord della Scozia – a Fort William – dove frequentai una specialistica di un anno che mi permise di prendere una serie di qualifiche come guida di sport estremi: canoa, kayak, arrampicata, una vera full immersion in questi sport. L’ultima materia di questo percorso di studi in Scozia consisteva nel trovare uno stage in un’azienda. Tra le varie opportunità trovai questa in Islanda, tra l’altro si parlava di ghiacciai, una passione già nata durante i miei viaggi. E da lì mi imbarcai in questa avventura. Tutto ciò che hanno dovuto fare qui è stato convertire le mie conoscenze e abilità dalla montagna dalla roccia al ghiacciaio. L’anno in Scozia è stato fondamentale e alcune qualifiche già ottenute mi hanno permesso di iniziare questo percorso. Avevo delle esperienze personali che sono riuscito ad inserire all’interno della mia iscrizione all’università – quei viaggi che avevo fatto per anni in estate – e con una descrizione nel dettaglio sono stato ammesso all’università. Tuttavia non mi sono fermato alla semplice guida sul ghiacciaio, ma ho continuato la mia carriera qui, approfondendo le qualifiche per vari livelli con corsi specifici ogni anno.

In cosa consiste il tuo lavoro?

Il mio compito è di guidare e accompagnare i turisti in un’escursione sul ghiacciaio; questo comprende tanti aspetti, perché ovviamente camminare su un ghiacciaio non è una semplice passeggiata. Noi guide dobbiamo prendere tutte le precauzioni necessarie: scegliere un percorso adatto, eliminare i pericoli, creare dei tunnel, insegnare ai turisti a camminare con i ramponi (le parti in metallo che metti sotto gli scarponi) per avere aderenza sul ghiacciaio e poi ci occupiamo di tutto ciò che riguarda la client care, tenere tutti al sicuro: se accade un’emergenza bisogna essere in grado di recuperare la persona – ad esempio con le corde – e avere esperienza di primo soccorso superiore rispetto al primo soccorso classico. 

Com’è vivere in Islanda?

Ci sono tante cose affascinanti e anche un semplice percorso in macchina è un viaggio in un altro mondo: gli scenari sono mozzafiato, si è immersi in una natura di un altro pianeta. Nel periodo in cui ci troviamo, il fatto di essere poche persone in tutta l’isola è un grande vantaggio, perché non ci sono luoghi sovraffollati. Dopo cinque anni vissuti qui posso dire che non è facile sotto molti aspetti: dal punto di vista metereologico ti mette a dura prova, è un elemento che va controllato costantemente. Nel caso di una tempesta invernale anche spostarsi in macchina può diventare un problema, bloccandoci in casa per giorni. Il meteo diventa parte integrante della vita. Inoltre l’accessibilità alle cose è molto ridotta rispetto all’Italia, in molti settori c’è una scelta limitata.

Non è facile abituarsi a convivere con la scarsa luce che c’è di inverno, perché dalle 11 di mattina fino alle 15 del pomeriggio abbiamo un pò di luce, mentre il resto è buio. Questo per i 3 mesi invernali, da dicembre a febbraio. Spesso si va a lavoro di mattina con il buio e si torna a casa con il buio – però l’altra faccia della medaglia è che d’estate ci sono ben 22 ore di sole – si è sempre pieni di energie e di voglia di fare, non importa che siano le 11 di sera perché c’è il sole alto, le giornate sono quasi infinite. Vivere in Islanda ti porta a vivere a contatto con la natura, una natura che puoi vivere in solitaria data la scarsa densità demografica. Ha una superficie circa 5 volte quella della Sicilia, una strada principale che percorre tutta la costa; ogni principale attrazione è ad un paio d’ore circa rispetto all’altra; quindi partendo da Reykjavík puoi fare un giro intorno all’isola e vedere prima un ghiacciaio, poi una cascata. A circa un’ora l’uno dall’altro ci sono dei piccoli paesi attraversati da questa strada, ed io vivo in uno di questi – Hella – vicino a Reykjavík e non troppo lontano dai ghiacciai; nel mio paese siamo 600 persone: ogni paese anche il più piccolo (200, 300 abitanti) ha una palestra con una piscina con vasche riscaldate, immancabile per gli islandesi, è il momento di comunità più antico per tradizione.

Uno dei settori più colpiti dal Covid è quello del turismo. Adesso com’è la situazione?

Qui la situazione è critica: siamo una nazione molto piccola e il turismo era il secondo settore dopo la pesca; la maggior parte delle aziende ha subito il colpo. Venivamo da un boom turistico degli ultimi cinque anni che aveva portato anche a sovrainvestimenti rispetto a quello che siamo riusciti a sfruttare in un anno e mezzo di pandemia. Le aziende sono entrate in un momento di protezione cercando di congelare i costi in attesa che tutto riapra; la nostra azienda ha avuto un grave calo e stiamo provando a guardare di più ad un turismo “domestico”, dunque più agli islandesi che ai turisti stranieri, anche perché gli islandesi al momento non hanno la possibilità di partire e speriamo che le loro vacanze si concentrino di più sulla loro terra; un’usanza islandese è quella di partire d’estate verso mete come l’Italia e la Spagna. Inoltre, non possiamo smettere di fare manutenzione in quei siti in cui operiamo, perché se smettiamo di mantenere i percorsi sul ghiacciaio lo perdiamo tutto; pur non avendo turisti da portare lì ogni settimana vado a spianare il percorso, a rimuovere i blocchi di ghiaccio. Dovendo mantenere un livello di manutenzione molto alto purtroppo non riusciamo a congelare tutti i costi. Ed è anche una reazione a catena: dalle aziende che si occupano di turismo d’avventura come la nostra fino poi all’immensa quantità di ristoranti e punti di ristoro sparsi in tutta l’isola, lontani dai centri abitati perché erano fatti ad hoc per i turisti che facevano il giro dell’isola in macchina. Ci auguriamo un minimo di riapertura. La macchina della burocrazia è molto veloce, e sappiamo che se dovessero arrivare notizie positive il governo non perderebbe tempo e riaprirebbe. 

C’è un momento particolare che hai vissuto che ti piacerebbe raccontarci?

Seppur io abbia vissuto qui per 5 anni ho visto solo una minima parte di tutto ciò che voglio vedere. E’ veramente difficile immaginare un posto preferito nell’isola o un momento in particolare, perché ogni avventura diventa speciale, è tutto stupendo. Le valli, i paesaggi e gli scenari sono di un altro pianeta. La prima volta che vidi i ghiacciai fu una sensazione unica e non credevo di poter provare di nuovo qualcosa del genere. Quello che mi ricordo di più delle avventure personali sono legate al lavoro perché sono le esperienze che ho fatto negli anni con le persone che vengono a vedere il ghiacciaio per la prima volta. 

In particolare non dimenticherò mai un signore che veniva dagli Stati Uniti, molto colto, un viaggiatore, però aveva un evidente problema ad una gamba che non gli consentiva di camminare bene. Lui doveva fare il tour classico insieme ad un’altra decina di persone, un tour molto semplice ma non per una persona con un evidente problema a camminare anche su una strada normale; mi prese in disparte e mi disse: “Che ne pensi, potrò farcela?” La mia risposta fu “Assolutamente no”. Mi raccontò che si era allenato per poter fare questo tour, aveva passato i precedenti tre mesi a casa sua e scendere le scale con moglie e figlio che lo aiutavano, aveva studiato i video in cui le persone camminavano con i ramponi, aveva passato i precedenti mesi a fantasticare su questo tour e a prepararsi fisicamente, e allora decidemmo di fare uno strappo alla regola. E’ stata una fatica immensa, abbiamo impiegato lo stesso tempo che di solito impiego per fare un tour completo semplicemente per fare i primi passi sul ghiaccio. E’ stata per lui un’esperienza indimenticabile. Non dimenticherò mai la sua espressione e contentezza. Il mio lavoro consiste anche nel riuscire ad aiutare le persone, a compiere queste piccole imprese rimanendo sempre in totale sicurezza.


Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni

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