Photo by Charles Deluvio on Unsplash

Dai servizi standardizzati a quelli personalizzati: la strategia europea per la disabilità dopo il covid

Il 3 dicembre 2020 è stata la trantanovesima giornata internazionale delle persone con disabilità, istituita dalle Nazioni Unite nel 1981.
Come ogni anno è stata un’occasione per mettere al centro, per una vola, le esigenze, le aspirazioni, i sogni di chi, non per scelta, si trova a vivere in un mondo pensato, costruito e organizzato solo per chi, per tutto l’arco della propria vita, non incontra ostacoli di tipo fisico, relazionale, cognitivo; un mondo quindi utopico.

In questa giornata sono stati tanti gli eventi, i dibattiti, le occasioni di confronto, tra Istituzioni e mondo associativo, ma il più rilevante è stato l’incontro che il Presidente del Consiglio Conte ha avuto con i rappresentanti delle Federazioni Fish e Fand, Vincenzo Falabella e Nazaro Pagano, insieme alla ministra Azzolina e al Ministro Manfredi.

Durante l’incontro è stato presentato un documento condiviso in 18 punti dal titolo “Per non lasciare indietro nessuno.” Si tratta di una rivoluzione del welfare, non più standardizzato ma personalizzato, che supporti ognuno nella costruzione del proprio percorso vita, il più possibile autonoma. I quattro punti cardine del piano sono: lotta alla segregazione, supporto alla domiciliarità, supporto ai care givers familiari, attraverso un sistema integrato di servizi territoriali e per la vita indipendente.

Più nello specifico, si chiedono piani annuali di de-istituzionalizzazione, per cui diventa necessario costruire livelli essenziali delle prestazioni sociali (Lep). Inoltre, si chiedono potenziamenti dei fondi economici già esistenti, in particolare: l’incremento del fondo non auto-sufficenza, fino ad un miliardo di euro; del fondo care giver, di circa 100 milioni di euro; del fondo per la vita indipendente pari a 100 milioni di euro; il ricollocamento di fondi per il Dopo di Noi (127.112 milioni di euro) e il potenziamento del Fondo politiche sociali, con un capitolo di spesa aggiuntivo per il supporto delle strutture residenziali, semi-residenziali e di supporto alla domiciliarità.

Tra le altre iniziative tenutesi nella giornata del 3 dicembre, tante sono state quelle organizzate dal basso, come fatto, ad esempio, dal Disability Pride Network, rete informale di associazioni ed enti, che ha inviato una lettera aperta rivolta alle istituzioni e alla società civile con la richiesta di affrontare alcuni nodi che sono ormai improcrastinabili. Il documento, che è stato presentato durante un workshop online, ha chiesto un impegno concreto per l’abbattimento di ogni barriera fisica, sociale e culturale che porti alla piena inclusione delle persone con disabilità, attraverso progetti mirati.

Il 3 dicembre di ogni anno sembra consumarsi un rito celebrativo nel quale, per una volta, tutta l’attenzione politica, istituzionale, mediatica è concentrata su chi ogni giorno si trova di fronte ostacoli alla piena partecipazione. Facciamo che questa volta sia diverso, che questa data segni uno sparti-acque tra un prima e un dopo.

La strada per un cambiamento è ormai tracciata, è scritta nero su bianco nei diversi documenti a partire dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, che ne sancisce l’uguaglianza in tutti gli ambiti. La situazione pandemica ci ha dimostrato che non si può più aspettare, e che abbiamo bisogno di costruire un mondo resiliente, capace di rialzarsi dopo un disastro, capace di far fronte a cambiamenti climatici e non solo, e chi più delle persone con disabilità ci dimostrano la resilienza?

Sappiamo che molto finora è stato fatto anche grazie al lavoro dei tanti che lavorano nel volontariato, spesso senza adeguati riconoscimenti e tutele, ora c’è bisogno di mettere a sistema tutte le buone prassi che conosciamo e far in modo che diventino patrimonio di tutti, attraverso investimenti massicci ed una capacità di implementare i progetti in modo che diventino strutturali.

Bisogna fare in modo che l’inclusione entri a far parte in modo permanente delle nostre vite, e non che sia lasciata alla buona volontà di pochi, questo è parte integrante del piano di ripartenza e resilienza del paese e non solo.

Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni