Conforme alla gloria Demetrio Paolin Voland Pagine: 393 Prezzo: 18 euro
Conforme alla gloria di Demetrio Paolin è, innanzitutto, un libro coraggioso, duro, basato sulla dicotomia tra la gloria ed il turbamento. Solo una scrittura densa e nitida può trovare il coraggio di trattare argomenti delicati con sapiente grazia. Lo scrittore torinese, attraverso uno stile semplice eppure d’impatto, ci porta al cuore della tragedia, raccontando l’orrore della deportazione verso i lager nazisti.
Il libro non ricalca mai la letteratura già nota sull’Olocausto bensì diventa uno studio sull’essere umano, sui carnefici del Reich, sui sopravvissuti. I legami che Conforme alla gloria descrive sono quelli tra un passato insopportabilmente pesante ed un presente che continua a ricordare fino a divenirne ossessionato: sono indissolubili, incisi sulla pelle. Ed è proprio il corpo umano il motivo ricorrente nel libro, accarezzato quasi, con grazia e prudenza.
“Solo una scrittura densa e nitida può trovare il coraggio di trattare argomenti delicati con sapiente grazia”.
I personaggi di Demetrio Paolin sono legati a doppio filo, nel bene e nel male.
Rudolf Wollmer è un sindacalista di Amburgo, figlio di Heinrich, ex SS. Proprio dal padre, il cui passato continua a tormentarlo, eredita un quadro in pelle umana. Questo oggetto sarà la sua rovina e, al contempo, emblema dell’intero romanzo. “Rudolf rimane in ginocchio. Tocca la cornice nera. (…) Gira la tela, dietro c’è una scritta, in basso. Riconosce la calligrafia del padre: La gloria, aprile 1945”.
Enea è un tatuatore torinese, ex deportato del campo di Mauthausen, che fa delle incisioni la procrastinazione del dolore.
Poi c’è Ana, giovane anoressica, che diventa l’opera più incisiva di Enea. È stata scelta per espiare il male vissuto. “Enea la misura come un pittore che deve affrescare una parete. Fa stendere Ana sul lettino. “Per ora lavoreremo sul collo e sulle spalle” dice, il tono della sua voce è neutro. Nessuna emozione sembra tradirlo”.
Tutti i personaggi sono ossessionati dalla pelle, come se fosse essa stessa a manovrarne i pensieri ed i movimenti. L’intento dell’autore è quello di riportarci al cospetto del suo predominio, ad un rapporto di assoluta devozione. La carne come tempio, che può essere profanato dalla violenza umana oppure contraffatta sino a renderla un mero oggetto. E così, alla caduta del tempio assistiamo allo sfiorire della purezza della carne. Per questo motivo Rudolf, Enea e Anna cercheranno di distruggere il male – insidiatosi ovunque – servendosi della pelle stessa. Da santuario a talismano.
La degenerazione della gloria, la sublimazione della liberazione, ad ogni costo.
“Tutti i personaggi sono ossessionati dalla pelle, come se fosse essa stessa a manovrarne i pensieri ed i movimenti”.
Non stupisce che un libro così intenso abbia richiesto una così lunga gestazione – otto anni, pare – né che sia in lizza per il Premio Strega 2016. Quello di Paolin è un romanzo verisimile, ragionato, che cuce demoni addosso al lettore e poi li strappa via, lasciandolo svuotato ma libero. E, soprattutto, consapevole.