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Come è mutata la strada per il successo dei giovani cantanti

Dagli esordi di Nada nei concorsi provinciali ai talent televisivi

Nel 1969 nella 19° edizione del Festival di Sanremo calcava il palco l’esordiente Nada. A soli 15 anni, con un timbro vocale unico e una presenza scenica notevole si presenta con la canzone “Ma che freddo fa” classificandosi quinta, balzando prima in classifica nella hit parade per cinque settimane. Due anni dopo Nada vince il Festival con un altro brano impegnativo “Il cuore è uno zingaro”. Al momento della proclamazione l’allora diciassettenne Nada appare visibilmente emozionata, e una volta sul palco si ripara nella giacca del presentatore per nascondersi da quell’emozione troppo grande tanto che sembra non voglia ricantare la canzone che l’ha portata a trionfare a Sanremo.

“La bambina che non voleva cantare” è proprio il titolo del film andato in onda sulla Rai il 10 marzo dedicato all’artista italiana. Il biopic narra la vita della bambina e adolescente Nada cresciuta a Gabbro in provincia di Livorno in una famiglia modesta. Iniziò a cantare casualmente e una suora ascoltandola rimase così colpita dalla sua voce da incoraggiare i genitori a farle prendere lezioni di canto. La giovane Nada non riusciva ad accettare questo talento cui lei avrebbe voluto tenere nascosto o mostrato alla sua famiglia e a pochi amici. In realtà si evince che le lezioni di canto e i concorsi li faceva per un altro motivo, cioè per compiacere la madre. La sua voce e le sue esibizioni erano infatti dei tentativi per lenire le crisi di nervi di cui la madre soffriva fin dall’infanzia della cantante. Così Nada iniziò a fare la gavetta in concorsi minori approdando poi a palchi più importanti e conquistando la notorietà e il successo con Sanremo che la consacrò ragazza prodigio.

Nada al festival di Sanremo del 1969

Da quel 1969 sono passati ben 52 anni e chiaramente è cambiato tutto il mondo della musica dal modo di crearla e di promuoverla fino al modo di ascoltarla complice anche il momento storico in cui ci troviamo. Rimanendo nel tema esordienti, attualmente il principale trampolino di lancio è rappresentato dai talent. Attraverso il programma televisivo, fin dalle selezioni, i giovani partecipanti hanno la possibilità di farsi conoscere al pubblico e alle case discografiche. Il percorso nel talent è guidato e sostenuto dai giudici che scelgono i propri pupilli e gli cuciono addosso un’identità musicale e un repertorio, e spesso gli costruiscono un personaggio che faccia breccia nel pubblico.

I talent hanno sicuramente il vantaggio rispetto al passato di facilitare la strada ai giovani che vogliano entrare nel mondo della musica rendendola accessibile a tutti senza distinzioni economiche e sociali. In passato solo pochissimi, fortunati di fare gli incontri giusti, e dopo una lunghissima gavetta arrivavano al successo. D’altro canto è proprio questa semplificazione e velocità per il successo ad essere pericolosa. Dopo un breve periodo di popolarità derivata dai follower sui social e da un inedito che funziona si può altrettanto velocemente ritornare nell’anonimato. Nel talent ci si avvale dell’aiuto di professionisti quali coreografi, costumisti e vocalist che studiano nei dettagli la performance e permettono al cantante di esprimersi al meglio, mal al di fuori ci si deve scontrare con una realtà ben diversa. Infine molti partecipanti non particolarmente dotati di una bella voce ripiegano interpretando il personaggio, la chiave per ottenere visibilità e spesso anche contratti discografici. I talent quindi dovrebbero essere considerati dei punti di partenza e non di arrivo dai giovani emergenti, tenendo a mente che la gavetta è necessaria per conquistare una maturità e un’identità musicale ben definita che permetta di rimanere in auge anche a distanza di molti anni.

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