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Cervelli di ritorno: se non ora quando?

Si torna sempre dove si è stati bene”.

Questa frase, spesso abusata, sembra essere il leit motiv del fenomeno che sta vedendo molti giovani italiani, trasferitisi per esigenze lavorative o di studio all’estero, tornare in Italia.
Con la locuzione “tornare in Italia” non si intende trascorrere le vacanze nel nostro Paese per poi ritornare alla vita di prima, ma trasferirsi nuovamente, in pianta stabile, qui, per farvi il “centro di lavoro ed interessi”. Molti di questi connazionali, nel momento in cui decidono trasferirsi, modificano, nei fatti, solo il loro domicilio, nella speranza, un giorno, neanche troppo remoto, di poter tornare in un ambiente più familiare. Condicio sine qua non, affinché ciò avvenga è la necessità di un lavoro stabile, retribuito in maniera dignitosa accompagnato dalla possibilità di poter dispiegare totalmente il loro potenziale ingegno. In altre parole è raro che, nel momento in cui si decide di compiere il percorso inverso, si è disposti a stravolgere la professione per la quale diversi sacrifici sono stati compiuti, non ultimo quello della partenza.

Ogni giovane che lascia famiglia, amici, abitudini e modi vivere, non lo fa a cuor leggero, ma molto spesso vi è costretto. Non è solo l’annoso problema della disoccupazione giovanile a determinare la fuga di cervelli, ma anche quello dell’assenza di un vero sviluppo nel campo della ricerca in Italia. Il nostro Paese è al ventisettesimo posto, in ambito OCSE, per spesa in Ricerca e Sviluppo ed all’ottavo per quanto riguarda i risultati ottenuti. La spesa è pari all’1,4% del PIL. I dati, però, dimostrano che i nostri ricercatori sono bravi. Il rapporto tra spesa e risultati è totalmente a loro favore, quindi favorire il ritorno dei nostri ricercatori unito all’immigrazione degli scienziati stranieri può essere uno dei punti di svolta per la nostra storia. Un incremento opportuno delle somme destinate a questo ambito potrà avere solo effetti positivi sull’intera economia nazionale.
Già nel 2019, il Governo con il decreto Crescita aveva introdotto degli incentivi per favorire il rientro in Italia, quantomeno di una parte, di queste risorse umane. L’idea di fondo che accompagna questi provvedimenti, ripresi con la legge di bilancio 2021, è quella di far sì che la mobilità con l’estero diventi una strada non solo a senso unico.

Nel solo 2019 sono stati circa 131.000 gli italiani che hanno deciso di cercare fortuna oltre i nostri confini e gran parte di questi aveva tra i 18 ed i 34 anni. La tendenza, però, probabilmente anche a causa della pandemia che ha fatto da detonatore del fenomeno rientro, è quella di ripensare al futuro e scegliere di ricominciare partendo dai nostri territori. Nel solo 2020, si è registrato un 20% in più di ragazzi che hanno compiuto questa scelta. La pandemia ha acuito il lato sentimentale legato al pericolo che abbiamo vissuto ed alla volontà di stare vicino alla propria sfera familiare. Il dato emozionale da solo, però, non può bastare a motivare la generazione Z al ritorno alle origini. Per questo si è pensato di introdurre un vero e proprio regime di tassazione agevolata per i lavoratori che portano la loro residenza nel nostro Paese. Agevolazioni che sono ancora maggiori se queste persone vanno a ripopolare le aree del Mezzogiorno. È necessario che l’onda lunga della pandemia venga sfruttata totalmente, investendo in questo senso anche parte dei fondi dell’ormai famoso Recovery Plan. L’utilizzo necessario non va solo nella direzione di introdurre agevolazioni e misure assistenziali ma soprattutto nella direzione di rendere l’Italia nuovamente attrattiva.

La terza diaspora, dopo quelle legate ad eventi come l’unità d’Italia o la Seconda Guerra Mondiale, ha un costo immane anche in termini di PIL. Recenti ricerche hanno evidenziato che circa il 71% degli italiani all’estero sarebbe disposto a tornare. L’82% di questi è motivato dal ricongiungimento familiare e solo il 18% giudica l’Italia idonea a garantire un’adeguata crescita lavorativa e professionale. Su questo aspetto è necessario che si intervenga in maniera adeguata.

Il procuratore Gratteri nel corso di diverse conferenze stampa od interviste ha ribadito  che

il posto più bello del mondo è quello in cui si nasce”.

Talvolta però si è costretti ad abbandonarlo. I presupposti affinché si possa realizzare questa inversione storica ci sono tutti, quindi nel momento in cui si discute della possibilità di favorire questa “diaspora al contrario”, investendo finalmente sui giovani, l’unico interrogativo possibile è “se non ora, quando?”.


Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni