Sono Sarah, ho 18 anni, vivo in Germania in un paesino che poi un giorno sarebbe diventato, banalmente, “Berlino est”. Siamo ad Agosto del 1961. Fa freddo, eppure ad Agosto Berlino non è sempre così. Ma oggi qualcosa è andato storto sapete? Sì, proprio così. Avrei dovuto vedere Michael, il mio ragazzo. Lui ha 24 anni ed ha un solo difetto: abita in quella che poi sarebbe diventata, banalmente, “Berlino Ovest”. Stiamo insieme da pochi mesi ma sento di amarlo. Di solito tutti dicono che il tempo è la giusta misura per tutto, invece io credo sia l’amore. Sì, perché altrimenti in due mesi non saremmo mai diventati così inseparabili. Che bel termine “inseparabili”. “Che non può essere separato o disgiunto, che è legato da motivi di reciprocità sostanziale; indivisibile, inscindibile, indissolubile”. Ecco cosa significa. Eppure, dicevo, qualcosa è andato storto. Nella notte tra il 12 e il 13 Agosto del 1961, per fermare l’esodo delle persone dalla Germania est, il regime comunista iniziò la costruzione di un muro. Sì, proprio di un muro. Di un qualcosa che, appunto, separa. La Germania est sostenne che si trattava di un “muro di protezione antifascista” inteso ad evitare un’aggressione dall’Ovest. Fu chiaro sin dall’inizio che questa giustificazione serviva come copertura per impedire, invece, ai cittadini della Germania Est di entrare a Berlino Ovest e di conseguenza nella Germania Ovest.
Così mi dicono perché a 18 anni ci sono tante cose che si fatica a comprendere.
Inizialmente la barriera di confine era fatta con il filo spinato, ma successivamente iniziarono ad essere utilizzati gli elementi prefabbricati di cemento e pietra destinati a formare il vero e proprio muro. Il muro divideva fisicamente la città ed era lungo più di 155 km. Nel giugno 1962 venne costruito un secondo muro all’interno della frontiera destinato a rendere più difficile la fuga verso la Germania Ovest: fu così creata la cosiddetta “striscia della morte”.
Spesso mi ritrovo a guardare la luna nel cielo. Dicono che gli innamorati guardino spesso la luna. Eppure, pensavo, sempre tra me e me, che il muro non era riuscito a dividere il cielo. Già. La luna era esattamente sempre li. Tra Berlino Est e Berlino Ovest. Sia io che Michael potevamo, in silenzio, ammirarla. Magari ogni tanto qualche stella cadeva al di là del muro e potevo sperare nel mio desiderio più grande: riabbracciarlo.
Ma i giorni passano. Le settimane passano. Le stagioni passano. Le foglie cadono. Gli anni scivolano inesorabili dalle mie mani. Dalla mia testa.
Il muro è lì. Sempre. Quante volte qualcuno aveva provato a fuggire. Certo qualcuno ci riusciva anche, ma doveva essere fortunato. Molto. E, soprattutto, doveva essere estremamente disperato per sfidare la morte.
Durante il periodo di esistenza del muro vi furono circa 5000 tentativi di fuga coronati da successo verso Berlino Ovest. Nello stesso periodo varie fonti indicano in un numero compreso tra 192 e 239 i cittadini della Germania Est uccisi dalle guardie mentre tentavano di raggiungere l’ovest e molti altri feriti.
Ho pensato di raggiungere Michael tante di quelle volte che alcuni giorni la testa pesava più del solito. Non avevo fatto in tempo neanche a dirgli un ti amo. Non potevo sapere che non lo avrei più rivisto. Non per così tanto tempo.
Avevo 18 anni, quel lontano Agosto del 1961. Oggi, 28 anni dopo, ho 46 anni, un marito, due figlie bellissime, Jane e Cristal e lavoro in una vecchia biblioteca. Oggi è il 9 novembre 1989 il governo tedesco-orientale si vede costretto a decretare la riapertura delle frontiere. Il simbolo della fine della cortina di ferro, del mondo diviso in due blocchi atomici, della riunificazione della Germania era stato preparato e preannunciato dalle fughe estive di tedeschi orientali attraverso Ungheria e Cecoslovacchia. Le guardie, colte di sorpresa da un afflusso così massiccio, chiesero ordini su come comportarsi ma comunque alzarono le sbarre bianche e rosse permettendo a tutti di passare senza controlli. All’inizio ci fu stupore e incredulità per la beffa agli agenti della Polizia che per quasi 30 anni avevano sparato contro chiunque tentasse di scavalcare il Muro. Poi, per tutta la notte, ci fu festa per tutta Berlino. Il flusso di tedeschi dell’est accolto dagli applausi di tanti concittadini dell’ovest. Si urla “libertà” e ci si abbraccia, anche chi fu costretto a vivere diviso per decenni.
Proprio come me e Michael. Aveva gli occhi neri Michael. Come la pece, come la pace. Mi avvicino al muro tenendo per mano le mie figlie. Mi fermo, sorrido, quando vedo quei pezzi di cemento che crollano inesorabili. Quante cose perse, lasciate a metà. Costa così tanto la libertà? Forse sì. Allungo la mano, accarezzo quel muro. Abbasso lo sguardo verso Jane che va a giocare con un bambino. Rialzo lo sguardo, incrocio quello del padre del bambino. Aveva gli occhi neri. Come la pece, come la pace. Li avrei riconosciuti fra milioni di occhi i suoi. Emanavano persino un profumo. Mi guardano e mi sorridono. In silenzio, fra le rughe. In silenzio, fra miliardi di baci non dati. Quante cose, che ci siamo persi, Amore mio. E per cosa? Quanta disperazione, Amore mio. Quanti giorni che sembravano durare una vita. Sorrido, timidamente. Può un muro, una nazione, un governo, segnare così tanto il destino di due vite, di due cuori? “Berlino è di nuovo Berlino”, avrebbero detto i giornali il giorno dopo mentre io, ogni sera, per tutta la vita, continuai a guardar la luna.