La Pastry chef Benedetta Somma

Una pastry chef profeta in patria

La 28enne di Eboli apre in esclusiva per Venti le porte del ristorante Il Papavero

Vaniglia, miele e cioccolato: ecco gli odori che si percepiscono, mischiati e soffusi, quando si entra al Papavero, ristorante stellato situato alle porte del centro storico di Eboli. Lì, nella sua cucina sempre fornita, tra un macaron al cioccolato bianco al profumo di lavanda e un cioccolatino al tabacco, lavora Benedetta Somma, classe 1994, ebolitana, Pastry chef.

Benedetta, da quanto tempo lavori come Pastry chef al Papavero?

«Sono ormai passati cinque anni, ho iniziato nel 2017 e non ho mai più smesso!»

Come è nata in te l’idea di fare questo lavoro?

«La mia famiglia è molto grande e fin da quando ero bambina non aspettavo altro che i momenti in cui ci riunivamo tutti insieme a casa di mia nonna che era sempre all’opera nella preparazione di piatti unici. Ero affascinata dalla meticolosità con cui preparava i dolci, usava ingredienti semplicissimi e regalava momenti di calore familiare indimenticabile».

Qual è stato il tuo percorso di studi per diventare una Pastry chef?

«In realtà non ho mai seguito alcun tipo di corso specifico. Sono sempre stata curiosa di conoscere la chimica degli alimenti, di studiarne le combinazioni più sfaccettate per creare sapori nuovi. Ho sperimentato ogni giorno impasti, creme e sfoglie, accompagnando la pratica allo studio di libri e cercando di mantenermi sempre al passo con i tempi. Il mondo della cucina è in evoluzione costante e rapida, si rischia di essere poco innovativi, o al contempo inutilmente elaborati».

Come ci si sente a lavorare in un ristorante stellato?

«Si sente la responsabilità di dover mantenere alto il livello, non solo della qualità dei piatti ma anche dell’ambiente in cui si lavora. Io mi occupo di dolci ma la squadra intera è formata da altri chef, dal maitre e dal personale di sala, ognuno rappresenta un tassello fondamentale per la buona riuscita del ristorante. Siamo riusciti a creare un clima spensierato, durante il lavoro la musica di sottofondo non manca mai!»

Quanto tempo dedichi al tuo lavoro quotidianamente?

«Molte ore della mia giornata: siamo aperti sia a pranzo che a cena e spesso succede che non ho il tempo di allontanarmi tra i due pasti. Qui è come una seconda casa, passiamo così tanto tempo a stretto contato con i colleghi che sembra diventare quasi una convivenza!»

Qual è la cosa che più ti piace del tuo lavoro?

«Oltre al fatto che ho la possibilità di esprimere al massimo la mia creatività, adoro sentire l’adrenalina che mi scorre dentro quando la sala è piena e io devo essere concentratissima, senza avere neanche il tempo di distogliere lo sguardo dai miei piatti… È un momento unico!».

Hai partecipato anche a eventi di portata più ampia a livello regionale e nazionale, in cui ti misuri con altri chef più grandi di te: sono mai rimasti sorpresi della tua giovane età?

«Succede spesso che le persone restino meravigliate per la mia età, non molto tra i colleghi, la maggior parte degli chef alla mia età ha già alle spalle più di dieci anni di esperienza. Sono i clienti che restano sorpresi più di tutti quando dopo aver mangiato chiedono di potermi salutare, la frase tipica è “Sei così giovane…e così magra!”» 

Parliamo di cose buone! Come nasce l’idea di uno dei tuoi dolci?

«Tutto parte da esperienze personali, dalle domeniche passate a tavola insieme. Tra i miei must c’è la crema bianca al miele, fondamentalmente è la ricetta rivisitata di mia nonna. Mangiare il dolce alla fine di un pasto ai suoi tempi era una cosa rara, aveva il sapore dell’eccezione».

Quando gli ospiti del Papavero restano soddisfatti dei tuoi dolci, come ti senti?

«È il motivo che mi spinge a lavorare sempre meglio. Non c’è cosa più bella che vedere nei loro occhi la gioia di aver mangiato con gusto e la curiosità di voler associare un volto alle mani che hanno cucinato».

Se dovessi rappresentarti in uno dei tuoi dolci, quale saresti?

«Tutti i dolci che elaboro mi rappresentano ma l’elemento che non deve mai mancare sono le spezie. Con una minuscola quantità riescono a cambiare un sapore o a crearne di nuovi. Sono emblematiche: basta poco per cambiare tutto».

Il campanello della porta suona, il ristorante si riempie, c’è chi inizia a disporre il piano di lavoro, chi va a indossare la divisa, tutti si preparano alla cena. Benedetta non mi fa andare via a stomaco vuoto, in un piattino ripone Chiffon Cake con crema pasticcera e amarena: “Fai merenda prima di andare via”, mi dice. E io, mentre sento le stanze del Papavero prendere vita e tutto si colora di dinamicità, penso a quante persone hanno portato il cucchiaino alla bocca come me adesso, penso ai loro pensieri assaggiando la crema al miele. Penso a quanto coraggio ci voglia nel regalare agli altri interi pezzi di sé sotto forma di meringa, miele e cioccolato.


Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni