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L’eterno ritorno degli anni Novanta e i morsi della nostalgia

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Gli anni Novanta da riavvolgere e riascoltare | ph: Pixabay

Miti e icone di fine Novecento affollano il cinema, la televisione e il web

Dagli occhi spiritati di Salvatore Schillaci al «baco del millennio» che aveva minacciato i sistemi informatici di tutto il mondo, passando per la nascita del web, il grunge, le boy band e le Spice Girls, X-Files e Friends: gli anni Novanta in estrema sintesi. Un concentrato di frenesia, estasi, paure e novità che non ha alcunché da invidiare ai dirimpettai e patinati Ottanta, nel bene e nel male.

Se l’attualità di un decennio si misura dagli omaggi e dalle celebrazioni che accontentano gli adolescenti di ieri (e incuriosiscono i teen-ager di oggi), il capolinea del secolo breve non se la passa poi tanto male: l’ultimo Festival di Sanremo, per esempio, è stato un tuffo al cuore degli ascoltatori in cammino verso la maturità. Anche se le esibizioni di Gianluca Grignani, Giorgia e Paola e Chiara hanno suscitato reazioni contrastanti, il debutto sanremese degli Articolo 31 con l’autobiografica Un bel viaggio è servito anzitutto a ricomporre i cocci di una lunghissima separazione tra Alessandro Aleotti e il suo socio Luca Perrini.

Articolo 31 - UN BEL VIAGGIO (Official Video - Sanremo 2023)

Anni Novanta, provincia della dance tricolore: riempipista come The Rhythm Of The Night dei Corona, Blue (Da Ba Dee) degli Eiffel 65 – recentemente tornata in voga grazie a David Guetta e Bebe Rexha – e L’amour tojours di Gigi D’Agostino appartengono di diritto ai classici da ballare, anche se nessuno di questi è riuscito ad eguagliare la popolarità di Freed From Desire di Gala, assurta un anno fa a colonna sonora dello scudetto del Milan, con tanto di rivisitazione del ritornello («Pioli is on fire»).

GALA - Freed from desire [Official Video]

Parlare di calcio significa ricordare l’epoca dorata della Serie A, il «campionato più bello del mondo» che collezionava trionfi su trionfi in Europa – con la formidabile tripletta del 1990 messa a segno da Milan, Juventus e Sampdoria – e non badava a spese (pagandone duramente le conseguenze all’inizio del nuovo secolo, peraltro) pur di avere i migliori interpreti del football mondiale. Splendori e miserie del calcio italiano che hanno ispirato un bel podcast di Storielibere.fm (Cronache dei 90, con la voce narrante del telecronista di DAZN Stefano Borghi) e un libro di Tommaso Guaita, 45/90, pubblicato a febbraio da 66thand2nd.

Una stagione a suo modo irripetibile, cui faceva il controcanto un irriverente terzetto che aveva iniziato dai microfoni di Radio Popolare a dissacrare la religione laica degli italiani: la Gialappa’s Band ha impresso un segno inconfondibile sui ’90 con Mai dire gol, l’allegra sarabanda di congiuntivi fuori posto, iperboli, lisci e «ultime parole famose» diventata con il tempo accademia della comicità italiana. La nostalgia alimentata da seguitissime pagine Facebook aveva convinto i vertici di Mediaset ad annunciare una serie deluxe di Mai dire gol in cinque puntate per la stagione televisiva ormai agli sgoccioli, ma il progetto è rimasto nel cassetto. In compenso, però, Giorgio Gherarducci, Marco Santin e Carlo Taranto (che ha peraltro rinunciato agli ultimi impegni televisivi del gruppo, compreso il domenicale GialappaShow su Tv8) hanno licenziato per Mondadori una corposa autobiografia – Mai dire noi – che è anche la storia di un’intera generazione di telespettatori cresciuti con il televisore sintonizzato su Italia 1.

Quella stessa rete – oggi tristemente in declino per quantità e qualità delle sue produzioni – che ha consacrato piccoli e grandi telefilm di culto per i trentenni e i quarantenni di oggi: Baywatch, Dawson’s Creek, Willy, il principe di Bel Air, X-Files, giù giù fino a Bayside School e Sabrina, vita da strega. In nome dei bei tempi andati (e delle logiche del mercato), tutto è possibile. Anche riportare in vita o riadattare i titoli più amati dal pubblico: se gli investigatori del paranormale Dana Scully (Gillian Anderson) e Fox Mulder (David Duchovny) sono tornati in pista per altre due stagioni tra il 2016 e il 2018, il personaggio di Sabrina Spellman – al centro della serie di Netflix Le terrificanti avventure di Sabrina – gioca di sponda con il fantahorror molto più di quanto non accadesse nella sit-com interpretata da Melissa Joan Hart. Ancora più coraggiosa la scelta di calibrare Bel-Air su un registro drammatico, in perfetta discontinuità con l’originale che portò Will Smith sulla ribalta. Non tutti i remake, però, riescono col buco: la versione cinematografica di Baywatch non ha funzionato tanto quanto Saved By The Bell, l’erede di Bayside School che schierava nel cast gli storici protagonisti Zach (Mark-Paul Gosselaar) e Kelly (Tiffani-Amber Thiessen).

Come spiegare le alterne fortune di queste operazioni? Avere un grande futuro dietro le spalle non aiuta, certo. Tuttavia, l’impressione è che la nostalgia sia spesso e volentieri un semplice pretesto per passare all’incasso. No, non si gioca con i nostri ricordi più cari. Anche se sono vecchi di decenni.


Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni

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