festival musicali

Chi ha ucciso i festival musicali estivi?

C’era una volta l’estate canora italiana, raccontata da festival dai palchi imponenti solcati da personalità (emergenti e non) del panorama musicale italiano, con qualche spruzzata qua e là di pop d’oltralpe.
Che fine avrà fatto? Partiamo con ordine.

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Era il 1962: non ne ho chiaramente memoria, ma mio padre e Wikipedia confermano che l’impresario Ezio Radaelli diede vita al Cantagiro, manifestazione itinerante nata sulla falsariga del Giro d’Italia di ciclismo. La carovana canora constava di varie tappe, durante le quali i diversi cantanti gareggiavano tra loro e venivano giudicati da giurie popolari scelte tra il pubblico delle varie città. Ogni sera veniva proclamato il vincitore di tappa e nella finale, articolata in tre serate con diretta tv su Raiuno per la serata conclusiva, veniva acclamato il vincitore assoluto. Il primo periodo di attività del Cantagiro andò dal 1962 al 1974, con la divisione di interpreti e relativi brani in due sezioni: il Girone A comprendeva gli artisti di fama, il Girone B le cosiddette nuove proposte; il Girone C, introdotto negli anni 1966/1967 comprendeva i gruppi musicali.
Lo scopo era semplice: fare uscire la canzone italiana dai soliti luoghi di ascolto e diffusione, portandola nelle strade per favorire un contatto diretto con il pubblico. Con il declino delle ultime edizioni, quello che era stato nel frattempo rinominato Cantagiro Show subì una battuta di arresto. Riprese nel 1977 e proseguì fino al 1981, portando in giro per l’Italia artisti del calibro di Giuni Russo, Rino Gaetano, Anna Oxa. Il successo, tuttavia, fu scarso e solo nel 1990 fu tentato un nuovo recupero della manifestazione, trasmessa per quattro anni su Rai 2. Nel 1993 il Cantagiro chiuse nuovamente i battenti, incapace di ripetere la straordinaria affermazione degli anni ’60. Nel 2005, e qui la memoria torna mia complice, Enzo De Carlo acquista il marchio e riporta il Cantagiro per le strade d’Italia, aprendo via via le porte a varie categorie, da baby a junior, e vari generi, vedendo così alternarsi cantautori, rapper, lirici pop. Seppur con un tono ed una risonanza nettamente minori, la manifestazione continua ad attirare a sé voci, proponendo il concorso anche per il 2016 attraverso selezioni locali, poi regionali, poi nazionali. Rimpiango la presenza di Lucio Battisti, Gino Paoli, Caterina Caselli ma the show must go on e, a quanto pare, passa anche per una quota di iscrizione associativa.

Nel 1964, e qui torna in mio aiuto la figura paterna, Vittorio Salvetti decide di voler scoraggiare la produzione e la diffusione di musica indipendente e di voler contrastare il fenomeno con una gara fra le canzoni dell’estate. Lo scopo? Eleggere il brano rappresentativo del capitale dalla major che lo produceva. Il calcolo delle preferenze avveniva attraverso le rilevazioni degli ascolti dei juke-box disseminati in tutta Italia. Ad ogni apparecchio era applicato una sorta di contatore che individuava quante volte un brano veniva suonato. Alla fine dell’estate, la somma delle gettonature (il termine gettonare deriva proprio dal gettone che veniva appositamente inserito nel juke-box) decretava il vincitore. La manifestazione si svolgeva con una sola serata di premiazione, generalmente settembrina, che dal 1968 divenne una vera e propria serata televisiva e fu trasmessa dall’Arena di Verona su Rai 2 fino al 1982.

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Con il passaggio alle reti Fininvest del 1983, il Festivalbar decollò unendo sapientemente tv commerciale e musica pop. I nomi che si alternarono alla guida ed alla conduzione fecero grande la manifestazione: da Claudio Cecchetto a Fiorello, da Amadeus ad Alessia Marcuzzi, in un crescendo di ascolti e proposte eterogenee. Fino al 2008, anno che avrebbe dovuto segnare una pausa momentanea che pare destinata – ad oggi – a protrarsi.

Archiviato il Cantagiro, archiviato il Festivalbar, cosa rimane?
Proprio in questi giorni, le reti Mediaset propongono il Coca Cola Summer Festival, registrato a Roma alla fine di Giugno nella cornice di Piazza del Popolo. Si avvicendano nuove leve figlie dei talent, da Lorenzo Fragola a Sergio Sylvestre, passando per Gianna Nannini, Elisa, Max Pezzali. Il risultato non regge il confronto con le manifestazioni degli anni passati, ha il sapore della minestra riscaldata in fretta e furia pur di portare qualcosa in tavola. Per fortuna, i palati sono ancora esigenti.

Cos’è successo allora alle estati canore made in Italy?
Sono cambiati i tempi, sento spesso dire: kermesse del genere hanno bisogno di appoggi che le case discografiche non possono più apportare (mentre Coca Cola può, nda), di location disposte a pagare per ospitare eventi e cantanti di un certo calibro, di vendere compilation (cosa ormai fuori discussione, con l’avvento del digitale), del supporto di tv disposte a pagare e far fruttare il format.
Sarà.
Ma non mi rassegno ad un’estate senza il girasole che campeggia su Italia 1, senza il gesto (metaforico e non, mi riferisco al televoto) di gettonare la mia canzone preferita, di sedere davanti alla tv e ascoltare questo o quel brano che rischierà di fare da colonna sonora alle mie vacanze. Non ci sto. E non cedo alle lusinghe di eventi che sembrano brutte copie. Ricordo ancora l’ultimo Festivalbar: coincise con l’anno della mia maturità e fu proprio quel programma a tenermi compagnia nella mitologica notte prima degli esami.
Se allora accendere la tv ed ascoltare tormentoni poteva sembrarmi scontato, ora so che quella freschezza non tornerà indietro. E toccherà affidarmi a Spotify.