THANKS FOR VASELINA CHIUDE PRIMAVERA DEI TEATRI

Alla storica rassegna, il testo abbagliante di Gabriele De Luca


Di Ilaria Nocito

“Come certi insetti che lottano dentro ai muri e cercano ogni fessura possibile per trovare la luce. L’amore. Attraverso le crepe. Questa lotta è la parte migliore della vita”. E’ questo il controcanto degli ultimi messo in scena dalla compagnia Carrozzeria Orfeo. Con lunghi applausi a scena aperta “Thanks for Vaselina” ha chiuso la quindicesima edizione di Primavera dei Teatri, a Castrovillari (CS). Sul palco personaggi vittime e carnefici che perdono e vincono continuamente, nella lotta per l’amore e per il potere. Un salotto borghese diventa il microcosmo familiare di relazioni umane, come tubi metallici si intrecciano e dal soffitto guardano la scena.

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Barattoli di Marijuana sul tavolo e profumo di papaia. Come i rintocchi di un orologio, porta e finestra si aprono e si chiudono velocemente, presentando allo spettatore ogni volta un personaggio, una storia.

Tazzine e cucchiaini strumenti di un’armoniosa coreografia musicale, interrompono la drammaticità evocando la solitudine dell’essere umano come stella tra milioni di stelle.

La famiglia, tema centrale dello spettacolo, diventa lo specchio dei paradossi e delle ipocrisie del nostro tempo e punto di partenza per una riflessione che arriva lontano ma riguarda tutti: la manomissione dell’informazione, la violenza della politica, l’occultamento di alcune verità nel rapporto vittima-carnefice tra occidente e oriente, il potere religioso, le sette religiose, le nuove religioni, i corsi spirituali, i corsi di autostima, i corsi di seduzione. Le false diete e i falsi prodotti biologici, il finto impegno civile, il finto buonismo. E ancora: la strumentalizzazione del dolore, della solidarietà, della morte. “Thanks for Vaselina” è una violenza non esplicita, il compromesso pericoloso e terribile che congela il pensiero. È l’abitudine a una vita tranquilla.

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La trama. Fil, cinico-disilluso, e Charlie, determinato animalista e difensore dei diritti civili, entrambi trentenni e con un futuro incerto, coltivano nel loro appartamento grossi quantitativi di Marijuana e, con due opposte motivazioni, decidono di tentare il colpo della propria vita: invertire il normale andamento del mercato della Marijuana esportandola (dall’Italia) in Messico. Ai due spacciatori si aggiungeranno Wanda, una trentenne obesa, insicura e membro di un fallimentare corso di autostima, e Lucia, madre di Fil, una cinquantenne frustrata appena uscita da una clinica per disintossicarsi dal vizio che la perseguita. Tutto si complica, però, quando dopo quindici anni di assenza, torna a casa il padre di Fil ed ex marito di Lucia, svelando a tutti il suo pericoloso segreto: è diventato un transessuale di nome Annalisa, prigioniero di una setta.

In unico luogo tanti personaggi, cattivi, grotteschi, immersi in una tragicommedia dal sapore pop.

Ritmo incalzante, dialoghi serrati, grande coralità. Linguaggio volutamente aspro, irriverente ed ironico. La drammaturgia, firmata da Gabriele Di Luca, fortemente ispirata al teatro nordeuropeo, è feroce, brutale, antiretorica e mai scontata.

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Sul palco con lo stesso Di Luca nei panni di Fil ci sono Massimiliano Setti (Charlie), Beatrice Schiros (Lucia), Alessandro Tedeschi (Annalisa) e Francesca Turrini (Wanda). Regia a tre mani per Di Luca, Setti (autore anche delle musiche tutte originali) e Tedeschi.

Intensa e brillante interpretazione di tutti gli attori, fra tutti la delicatezza di Alessandro Tedeschi nell’affrontare il ruolo così intimo e sofferente di Annalisa, il papà trans, e la forza dirompente di Beatrice Schiros nei panni di una insolita mamma tornado.

Il pubblico in sala resta inchiodato alle poltrone per quasi due ore, esce entusiasta e divertito.

Un lavoro di raffinata bellezza. Assolutamente da vedere.