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Strategia UE 2025 per i diritti lgbtiq

L’Europa ci chiede di agire per la tutela dell’uguaglianza e del diritto di essere sé stessi

Il 12 novembre la Commissione Europea ha adottato la strategia 2020-2025 per la piena uguaglianza delle persone della comunità lgbtiq in tutti gli Stati membri. 

Una chiara lezione sui diritti fondamentali ci è stata impartita dalla presidente Ursula von der Leyen la quale ha affermato che essere sé stessi non è una ideologia ma un diritto che non può essere negato. Che un’affermazione del genere provenga da un’esponente di un partito conservatore dimostra che dinanzi ai diritti umani e al principio di uguaglianza non ci sono colori né dottrine di partito. C’è solo la necessità di un fronte comune per costruire una società inclusiva dove poter esprimere sé stessi senza paura di discriminazioni o violenze basate sull’orientamento sessuale, l’identità e l’espressione di genere o le caratteristiche sessuali. 

La strategia si caratterizza per una serie di obiettivi chiave che gli Stati membri sono invitati a raggiungere entro il 2025 dotandosi, se ne sono ancora privi, di strumenti giuridici e politiche sociali volti alla tutela, alla parità e alla inclusione generalizzata delle persone lgbtiq. 

Il primo obiettivo è la lotta alla discriminazione, anche e soprattutto sul luogo di lavoro al fine di garantire medesime opportunità occupazionali ed economiche ai cittadini dell’UE. In parte connesso al primo è poi l’obiettivo di garantire la sicurezza dei cittadini sia mediante l’armonizzare delle discipline nazionali di contrasto ai reati di odio e di incitamento all’odio contro le persone lgbtiq sia attraverso iniziative educative per combattere la discriminazione sul fronte socio-culturale. 

Si mira inoltre a studiare una legislazione comune per la tutela delle famiglie arcobaleno. Oggi, infatti, queste ultime, cui come ad ogni cittadino UE è riconosciuta libera mobilità transfrontaliera, quando si trasferiscono da uno Stato membro all’altro incontrato grandi difficoltà a causa delle differenze del diritto di famiglia generalmente considerato. Si pensi non solo alle differenze sul riconoscimento dei legami familiari, le modalità riproduttive ammesse o l’accesso alle adozioni ma anche a tutto ciò che a questo è connesso, come modalità di divorzio e separazione, diritti dell’infanzia, responsabilità genitoriale, regimi patrimoniali, tassazione e eredità. Risulta quindi necessario che l’intera Unione riconsideri l’approccio tradizionale al diritto di famiglia, ormai anacronistico rispetto alle diverse sfumature e strutture che hanno oggi le formazioni familiari. 

L’ultimo obiettivo, infine, guarda oltre i confini dell’UE, con l’impegno di sostenere azioni a favore delle persone lgbtiq che subiscono discriminazioni in altre parti nel mondo. 

Accompagna il manifesto della strategia un’analisi sullo “stato di salute” dei diritti lgbtiq nei vari paesi UE. Da questa risulta che nella maggioranza degli Stati il lavoro più importante da intraprendere è quello circa una procedura per il riconoscimento del genere cui un soggetto sente di appartenere che prescinda da sterilizzazione, chirurgia o diagnosi medica. Solo 9 Stati su 27 infatti sono dotati di procedure alternative; tra questi non compare l’Italia. 

È tuttavia un altro il dato triste che riguarda la nostra nazione: l’Italia è uno dei pochissimi Stati membri (insieme a Estonia, Cipro e Polonia) a non offrire una specifica tutela giuridica a fronte di atti di discriminazione e violenza basati sull’orientamento sessuale e l’identità di genere delle vittime. Risulta allora chiaro che è giunta l’ora di approvare il ddl Zan anche in Senato e muoversi verso una società civile dove tutti siano uguali non solo formalmente ma anche nella sostanza.


Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni