She’s a woman, we say

Pochi giorni prima della Giornata internazionale della donna abbiamo lanciato un questionario tematico dal titolo She’s a woman, we say.
Prendendo spunto dal video Be a Lady, they said, abbiamo chiesto ai nostri lettori di esprimere il loro punto di vista sulla percezione della donna nella nostra società. Un blog come il nostro, impegnato da sempre nella rivendicazione della parità di genere, non poteva esimersi dal sondare le opinioni dei propri lettori affinché diventassero spunti di riflessione, dibattito e studio.
A rispondere sono state donne e uomini (rispettivamente il 73,8% e il 26,2%), con età compresa tra i 18 e i 55 anni, residenti non solo in Italia ma anche all’estero, con titoli di studio che vanno dal diploma al dottorato. Un pubblico eterogeneo, quindi, e per questo significativo.

La prima domanda – Ti consideri femminista? Cosa significa per te essere femminista oggi? – ha indubbiamente ricevuto risposte molto diverse tra loro.
C’è chi ritiene che sia innaturale fare dell’essere donna una questione politica; chi vede nel femminismo un’occasione di discriminazione della donna oppure una giustificazione; chi invece vede nel movimento femminista attuale alcuni elementi di esasperazione. La maggior parte dei nostri lettori ritiene tuttavia che femminismo sia oggi sinonimo di parità di diritti tra donne e uomini, autodeterminazione, necessario cambiamento culturale che metta al centro l’individuo.
Parità è un termine ricorrente nella maggior parte delle risposte, che sembra anticipare la domanda successiva inerente le quota rosa. Qui le risposte si fanno quasi concordi e partono dal presupposto che – cito testualmente un/una dei/delle nostri/nostre lettori/lettrici – una proporzione di genere non è una risposta adeguata alla radice del problema. Se da un lato sono necessarie perché il sessismo dilagante preclude numerose occasioni e posizioni lavorative alle donne, dall’altro la competenza non ha genere e rischiano di divenire un compromesso che, a lungo andare, degenererà in una forma intrinseca e involontaria di discriminazione.
Per quanto riguarda le offese verbali che solitamente vengono rivolte a donne e uomini, si registra una triste e a tratti inquietante tendenza a ricondurle alla sfera sessuale e intellettuale. Da troia a cessa, da frocio a senza palle, da non vali nulla a sei uno sfigato, da trovati un marito e sistemati a sei un fallito. Ognuno di noi è la vittima perfetta e stereotipi di genere e relativi pregiudizi colpiscono senza fare differenze di genere. Desolante, non trovate?

Cosa succede nel mondo del lavoro?

L’Italia non è un Paese per donne che lavorano. A dirlo è il Censis, che attesta una desolante ultima posizione in Europa per l’Italia in termini di occupazione femminile: siamo fermi a 9.780.000 lavoratrici pari al 42,1% degli occupati complessivi rispetto a un tasso medio del 56,2% (e lontanissimi dalla lungimirante Svezia che registra l’81,2%). E le risposte al nostro questionario mostrano che solo nel 33,3% delle aziende in cui lavorano i nostri lettori si registra un tasso di occupazione femminile pari e/o superiore al 75%.
Quando si parla invece di feedback ricevuti sul posto di lavoro, i dati si fanno più confortanti: a farla da padrone sono preparazione, efficienza e precisione.
Anche i complimenti scambiati tra colleghi sono incentrati sulla professionalità e l’efficienza: solo l’1% degli intervistati rivolge complimenti inerenti all’aspetto fisico.
La situazione cambia radicalmente quando si tratta di appellativi e titoli: il 79,8% dichiara di essere apostrofato con signora/signore piuttosto che dottoressa/dottore. Il 59,5% dichiara inoltre di utilizzare il genere maschile per rivolgersi a un’autorità oppure a una professionista nonostante la lingua italiana preveda anche il genere femminile per ruoli quali sindaca, avvocata, etc.
Dà da riflettere anche la disparità salariale tra colleghe e colleghi: la maggioranza degli intervistati, pare al 48,8% ne è a conoscenza.
Migliora tuttavia la percezione della donna impiegata in settori quali il trasporto pubblico: solo il 21,4% è sorpreso da una conducente di autobus o tram.
Ancora accentuate sono le disparità quando si tratta di competenze e affermazione sul luogo di lavoro: alcune delle intervistate riferiscono di aver ricevuto, in sede di colloquio, domande inerenti alla vita privata quali l’intenzione di avere una famiglia; altre risposte riportano invece la necessità, per le donne, di dover dimostrare di essere all’altezza e disporre di numerose altre qualità per superare le selezioni iniziali e accedere alle prospettive di carriera.

La chiamavano bocca di rosa…

Anche l’abbigliamento femminile è oggetto di critiche più accese rispetto a quello maschile, per via – secondo le opinioni dei nostri lettori – dei pregiudizi ancora troppo radicati nella nostra cultura che fanno di comodo un sinonimo di sciatto e di estroso o appariscente sinonimo di volgarità.
Ben il 91,7% ritiene che siano necessari corsi di educazione sessuale nelle scuole, per sensibilizzare ragazze e ragazzi ancora poco informati e consapevoli e educarli a una sessualità rispettosa di sé e del partner.

L’82,1% del campione ritiene inoltre che le donne non godano della stessa libertà sessuale degli uomini ma è doveroso sottolineare che alcuni dei nostri lettori ritengono che vi sia pari libertà ma venga applicato un metro di giudizio differente.
Quando si parla di ruoli familiari, nello specifico di moglie e marito, viene riconosciuta una parità che tuttavia viene meno quando si tratta di carico mentale e incombenze domestiche. Pari, insomma, finché non c’è bisogno di stirare o preparare la cena.

Ieri, oggi, domani

Per il 91,7% dei nostri lettori il ruolo della donna è migliorato rispetto al passato in termini culturali, sociali, professionali. Le donne sono oggi più consapevoli, più libere, sempre più immerse nel mondo del lavoro e in carriere un tempo impensabili. C’è tuttavia ancora molto da fare: bisogna continuare a lottare per la parità salariale, i congedi parentali, l’inclusività, il rispetto, la fine delle discriminazioni tutte, l’autodeterminazione, l’indipendenza economica, la libertà sessuale e di scelta, l’uso del corretto linguaggio di genere. E questa lotta dev’essere compiuta, in maniera consapevole, dalle donne e dagli uomini. Insieme.