Sentirsi imbecilli dopo aver letto Pasolini

(Se te lo legge Anna Bonaiuto in teatro la cosa può solo peggiorare)

Di Nicola H. Cosentino

Porno-Teo-K
In genere non amo scrivere di teatro. Sono dell’idea che se uno spettacolo ha tanto da dire lo dice da sé, quindi più il testo è intelligente più si rischia di risultare cretini nel tentativo di spiegarlo. ‹‹Come lo interpretate?›› niente, non si chiede. Per la stessa ragione non amo scrivere troppo di personaggi enormi, di manifesta superiorità: più li amo e più mi piace vedermeli sfuggire, saltare passaggi, non capirli fino in fondo, imparare ascoltandoli, leggendoli, rimpiangendoli. Uno spettacolo teatrale basato su un testo di Pier Paolo Pasolini, quindi, è la classica cosa di cui direi soltanto un “bello” tirato con le pinze e forse nemmeno quello, che sennò si sciupa. Però, siccome Porno-Teo-Kolossal letto da Anna Bonaiuto va visto più per conoscenza che per arricchimento personale (quello viene comunque dopo), invece di commento e interpretazione, pratiche tanto provinciali, farò direttamente promozione, come gli gnorri di Panorama. Saltando la parte intensa sulle “vibranti significanze” dell’opera. Quindi, in buona sostanza, se vedete nelle vostre città il manifesto di questo reading all star a cura di Francesco Saponaro, fateci un pensierino. Io sono andato all’Università della Calabria, al Teatro Auditorium. Ingresso gratuito. Tiè.Screenshot 2015-03-20 11.31.12

I motivi per cui consiglio di vederlo sono cinque.

  1. Anna Bonaiuto

La Bonaiuto è un’attrice che avete visto sempre, tutti, e spesso sproporzionata rispetto a tanti ruoli piccoli che hanno costellato la sua carriera. Era Livia Andreotti ne Il Divo, il giudice de Il Caimano, la moglie malata di Servillo ne La Ragazza del Lago e poi (la mia preferita) la milf Bella Nastri in Mio Fratello è Figlio Unico. E poi il teatro, vabbè. Ha recentemente detto in una bella intervista ad Alessandro Chiappetta che si sente brava. Mi fanno impazzire, queste cose. Ultimamente il fare è così ossessionante che l’ammettere il fare bene desta un po’ di imbarazzo, crea antipatia. Un’attrice che si sente brava senza vergognarsene, senza tante nevrastenie sulla propria insicurezza, oggi è un bel regalo arrivato da inizio Novecento. Qui legge un soggetto (praticamente) lungo un’ora e mezza. Si sposta soltanto da un leggio a una scrivania a una poltrona, a rotazione. Ogni tanto fa anche casino coi fogli. Ma non ti stanchi mai. Perché legge Pasolini senza promuovere se stessa.

  1. Le assurde modalità

Quando dici “vado a teatro” non pensi mai di poter finire sul palco, dietro il sipario, con l’attrice a mezzo metro di distanza che parla senza urlare perché tanto siete così vicini che, volendo, riusciresti a contarle i capelli. Un’assurda modalità di rappresentazione, che mi ha ricordato quella volta che la realtà infranse la retorica ed alcune mie amiche, attratte dall’insegna di un ristorante che auspicava per i suoi avventori “Il piacere di mangiare in centro”, entrarono nel locale e furono presto riaccompagnate fuori e fatte accomodare ad un tavolino strategicamente posizionato in mezzo a Corso Mazzini, Cosenza. Esattamente in centro, tra la gente. Ecco, a teatro è stato uguale. Ma molto più interessante. E senza la gente che passeggiava.

  1. I quattro mondi nel mondo

Pasolini, anche incazzato, si divertiva. Oggi non la penserebbe nessuno, questa storia qua, non per pudicizia ma per mancanza di fantasia. Eduardo De Filippo e Ninetto Davoli partono alla ricerca di un Messia. Attraversano Sodoma (Roma), Gomorra (Milano), Numanzia (Parigi) e Ur. Ogni stazione è una parentesi biblica di un pessimismo annichilente, tipico dei ’70 eppure profetico. L’intolleranza, la violenza, la triade politica-potere-cultura tra finzioni e bellezze: oggi si rincorrono in maniera centrifuga, come lui aveva immaginato. E il mondo è diventato brutto, brutto forte, ma non per questo meritevole di essere dimenticato. Non spoilero il bellissimo finale. M. Night Shyamalan gli fa una poderosa pippa.

  1. Sentirsi imbecilli

Sentire Anna Bonaiuto che legge il film che Pasolini non ebbe il tempo di girare (e che doveva essere l’ultimo) ti fa sentire il cervello piatto come un pannetto per gli occhiali. Perché le cose che senti, per come le senti, sai che non saranno mai roba del tuo immaginario, che tu non ci arrivi, che forse nessuno ci arriva. E di più. Capisci che le cose di oggi che ti piacciono – film, romanzi – e che ritieni profonde, probabilmente a confronto di un pensiero, uno solo, di Pasolini, sono Vita Smeralda. Ma sentirsi stupidi è bello e utile. Ti rende più simpatico e ti invoglia a migliorare. Non va molto di moda ammettere di non sapere niente. Quindi Be Alternative.

  1. Carmela, Sergio Bruni, 1976

Non per essere ripetitivo, visto che ormai occupa tutti i miei interventi, ma questa canzone capita sempre, come i Radiohead a Pietro Paladini in Caos Calmo. A ciascuno il suo. Lo spettacolo inizia così. Io, siccome non posso scrivere una chiusa intelligente ad un articolo su un testo di Pasolini, lo metto alla fine. Qua sotto. Sayonara.