Se fosse tuo figlio, recensione a caldo

Il 20 giugno, giornata mondiale del rifugiato, Amazon mi consigliava il libro Se fosse tuo figlio di Nicolò Govoni, edito da Rizzoli nel 2019.
Il libro ha catturato la mia attenzione per il titolo, tratto dalla poesia omonima di Sergio Guttilla, per la tematica attuale e scomoda dei migranti che arrivano in Europa, e per le quattrocento recensioni positive.

Ho acquistato il libro, ne sono rimasta colpita, scossa ed affascinata allo stesso tempo. Ho sentito l’esigenza di recensirlo e di divulgare questa storia vera e colma di significato.

La tematica dapprima potrebbe apparire complessa al lettore che mai si è avvicinato alla politiche di immigrazione europea, al contrario, lo stile semplice e scorrevole ne fa al tempo stesso un libro di introspezione, di denuncia e di celebrazione alla vita e all’amore verso l’umanità intera.

Nicolò è un giovane scrittore di Cremona che nel corso della sua vita ha intrapreso diversi percorsi di volontariato, dapprima in India dove inaspettatamente resta per quattro anni e poi a Samos, l’isola greca che dista solo 2 chilometri dalla Turchia e sulla quale è stabilito l’hotspot, ovvero un centro di smistamento dei migranti che aspettano una risposta circa la propria richiesta di asilo.

L’hotspot è più volte appellato “la vergogna d’Europa”, le persone si trovano a vivere in condizioni disumane tra la spazzatura e senza acqua potabile corrente, tra abusi, spaccio e violenza.

Nicolò ritiene che le condizioni di vita dei bambini dell’hotspot possano essere migliorate attraverso l’educazione fino al punto di rinunciare ad un prestigioso Master in giornalismo negli Stati Uniti per continuare ad insegnare ai suoi ragazzi. 

Egli è consapevole che la discontinuità farebbe del male ai ragazzi stessi, che vedono in lui un modello ed un appiglio da cui ripartire.

Questo atto d’amore incondizionato è indice di forte senso di responsabilità propria del volontariato etico per il quale Niccolò si batte e che si oppone al volonturismo.

La disntizione tra i due non è affatto banale: il volonturismo può essere svolto pagando una somma di denaro all’organizzazione che arruola i volontari ed anche svolgendo delle attività che in Italia non si sarebbe abilitati a fare, anche senza un training adeguato prima di essere lanciati sul campo.

Invece Nicolò vuole istituire un volontariato fatto di competenze di tipo professionale, riconoscendo anche che il terrorismo e la violenza possono essere disinnescati solo a scuola.

Così, nella classe numero 4, egli realizza un mosaico fatto di bambini di diverse nazionalità, i Dreamers, alcuni dei quali sono senza famiglia, altri hanno traumi inimmaginabili, e tutti loro imparano a convivere in serenità. Ai bambini viene restituito qualche attimo della loro infanzia perduta attorno ad una semplice e gustosa pizza o con delle partite a basketball e tennis.

Nicolò non si piega davanti alle ingiustizie che vede perpetrarsi nell’hotspot, prende Hammudi, un bambino siriano con una storia molto difficile alle spalle, sotto la sua ala, facendo davvero tutto il possibile per salvarlo dagli abusi e dall’autolesionismo.

Dopo numerosi appelli di soccorso alle autorità per Hammudi ed altri bambini che hanno vissuto episodi di violenza, ed aver ricevuto in cambio silenzio ed immobilismo da parte delle istituzioni e dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Nicolò denuncia il sistema facendo nomi e cognomi delle persone coinvolte, anche di quelle ai vertici.

Da qui la vicenda prende una bellissima svolta in quanto Nicolò, insieme a Giulia e a Sarah, fonda l’organizzazione indipendente Still I Rise, che non accetta finanziamenti dalle istituzioni europee o internazionali in risposta a quel sistema inefficiente che non riesce a proteggere i minori non accompagnati sul suolo Europeo. 

Still I Rise significa ‘mi alzo ancora’, ed è stato ispirato dalla poesia della afroamericana Maya Angelou; questa organizzazione si prefigge di fare volontariato in modo etico, di selezionare il personale e di fare dei training prima di mandare i volontari sul campo. Nicolò afferma “voglio offrire ai Dreamers la miglior educazione di cui sia capace”, e così Mazí, termine greco che vuol dire insieme, prende forma dalle donazioni dei lettori ed è la prima scuola a Samos per bambini migranti.

Dunque, questo libro è per chi vuole vedere chiaro nel complesso e lento sistema di richiesta d’asilo, ma anche per chi cerca l’essenza dei valori. I problemi quotidiani prendono una luce diversa se messi vicini ai problemi di milioni di persone che cercano un rifugio in un altro paese del mondo, che scappano dalla guerra e che arrivano in Europa spesso sole e senza nulla.

Se fosse tuo figlio mi è piaciuto in quanto lo scrittore dà voce a chi non ha voce, a chi i diritti fondamentali sono stati negati e ci rende consapevoli sia dei nostri privilegi, sia dei soprusi e delle ingiustizie che i migranti subiscono.

Nicolò parla al cuore del lettore, con una prospettiva carica di speranza sempre invitando i giovani e gli adulti a non abbassare lo sguardo davanti alle ingiustizie anche quando sembra che nulla possa essere cambiato.

Ho particolarmente apprezzato le considerazioni sulla scuola e sul potere degli insegnanti, e su quanto i professori possono accendere una scintilla, o spegnerla, nei propri studenti. Proprio a scuola, l’unica a credere in Nicolò era stata Nicoletta; mentre tutti gli altri professori lo davano per perso, Nicoletta aveva regalato a Nicolò una copia del libro Siddharta con la dedica: “Tu non sei perso, sei solo in cerca.”

Questo modello positivo consente a Nicolò di rincorrere la persona che vuole diventare, e di essere, per i Dreamers, l’insegnante che lui stesso avrebbe voluto da bambino.

Nicolò salva e sta salvando migliaia di bambini, dando loro istruzione, ma ripercorre la propria storia con disarmante umiltà mostrando anche incertezze, paure, debolezze che sono proprie di ogni essere umano.

Infine, ho amato questo libro perchè invita ad una costante riflessione. Mi chiedo cosa ne sia rimasta della cultura europea, della nostra cultura millenaria, fondata sull’accoglienza, nata proprio in Grecia; accoglienza verso chiunque, straniero, migrante, profugo, apolide che aveva toni di sacralità.

Realtà come quelle dell’hotspot, ancora troppo poco conosciute, rinnegano le nostre radici, sradicano la nostra cultura, e privano dell’identità e della dignità umana coloro che vi sono costretti ad essere confinati.

Grazie Nicolò per questo messaggio di speranza: rialziamoci insieme, tendendo la mano all’altro, e portiamo nel mondo il cambiamento che vogliamo vedere con i nostri occhi.

          Link: Still I Rise                                                                                                                       

CITAZIONE PREFERITA

Integro i diritti umani anche nei più semplici esercizi di grammatica. La gente tenterà di portarglieli via ancora e ancora ma, se i Dreamers conoscono i propri diritti, allora saranno sempre in grado di proteggerli.

Articolo già pubblicato in versione ridotta sul Quotidiano del Sud – l’Altravoce dei ventenni di lunedì 3 agosto 2020