Qual è l’attimo che cambia tutto?

Piccoli gesti hanno cambiato il corso della storia. Una bambina con un impermeabile giallo, seduta davanti al parlamento svedese che decide di non andare a scuola perché è preoccupata per il nostro pianeta. Sembra una cosa da niente, uno scherzo, un gioco, eppure quel momento ha dato vita ad un movimento generazionale che ha abbracciato milioni di giovani. E se Greta Thunberg quella mattina fosse, invece, andata a scuola? Se davanti al parlamento non ci fosse stato nessuno? Chi lo sa. Ma è stato un gesto, un attimo, un guizzo, un’idea. Le rivoluzioni, le grandi storie d’amore, le crisi, tutto succede in una manciata di secondi. Qual è l’attimo che cambia tutto? Che cos’è l’amore prima che diventi amore? Che cosa può rappresentare una stretta di mano apparentemente innocua?  Qual è l’istante in cui una relazione finisce? Oppure inizia? Qual è l’attimo preciso nel quale un quadro decide di staccarsi dalla parete? Quand’è che una persona diventa parte integrante della nostra vita? Chissà se fossimo in grado di comprendere “l’attimo in cui tutto cambia”. In un mondo in cui la frenesia fa da padrona, in cui la fretta non solo è cattiva consigliera ma non fa in modo di farci gustare l’attesa delle cose che arriveranno, ci ritroviamo con la memoria piena della galleria del nostro telefono di momenti di cui, il più delle volte, non ricordiamo niente. Vogliamo tutto e subito dimenticandoci delle cose più importanti. È tutto scritto oppure sono delle combinazioni fatali? Che cosa accade nell’ordine del mondo quando per puro caso ci ritroviamo in un luogo a caso e accade quel qualcosa? Ho sempre avuto troppe domande, mi dico in silenzio. Sarebbe bello conoscere quell’attimo. Quel preciso istante. Mi sono imbattuta in un libro, “Quel giorno. Racconti dell’attimo che ha cambiato tutto”, scritto da Valentina Farinaccio. Un giorno qualsiasi di un anno qualunque non sai mai cosa possa accadere. Valentina è una scrittrice dotata di uno straordinario spirito di osservazione. Il libro contiene 17 racconti e tutti hanno come protagonista l’esatto momento in cui cambia non solo la vita di chi fa parte di quella trama ma tutto il mondo intorno. Troviamo un Mogol che sussurra, timido, a Battisti che i suoi testi non sono un granché; troviamo un fotografo insistente che fa diventare Albert Einstein un’icona con la linguaccia di fuori. Troviamo il grande amore di Woody Allen che forse non sarebbe stato Woody Allen a 360 gradi se non avesse mai incontrato Diane Keaton. 

Mentre scorrevo le pagine mi rendevo conto che ero costretta ad una sorta di riflessione interiore: qual è il momento di svolta? L’attimo che cambia la nostra vita e quella degli altri? Per questo ho intervistato la scrittrice.

Ciao Valentina. Ti va di raccontarci il tuo primo incontro con il mondo della scrittura? 

Frequentavo le scuole medie, la mia compagna di banco, Maria Stefania, era molto brava in matematica, io in italiano. Quando c’erano i compiti in classe, imbrogliavamo con metodo: lei faceva quello di matematica per me, e io quello d’italiano per lei. Significava, nel mio caso, dover scrivere due temi, invece di uno. Era sempre un giorno felice, quello. Provavo una strana gioia per il fatto di avere quattro ore tutte per scrivere, e di doverlo fare per due.

Per citare anche il tuo ultimo libro “Quel giorno”, quando tutto è cambiato e nessuno lo sapeva, cos’è cambiato dentro di te dalla pubblicazione del tuo primo romanzo “la strada del ritorno è sempre più corta”? 

È cambiato il mio rapporto con la scrittura, per cominciare: prima, dovevo trovare il tempo per scrivere, fra un lavoro e l’altro. Oggi, invece, è diventato il mio lavoro, e mi godo con impegno e disciplina ogni istante di quel sogno diventato realtà. Poi, è cambiata molto la mia vita di tutti i giorni. Viaggio molto per presentare i miei libri, e per incontrare gli studenti, i lettori, i librai.  Dimentico di rispondere alle mail, ai messaggi, e di richiamare, quando non posso rispondere. Cosa che, fino a tre anni fa, era per me impensabile. Per quanto riguarda il dentro, invece: ho cominciato a credere, forse, un po’ di più in me stessa.

 Nasci al sud, a Campobasso per la precisione. Credi che sia stato complicato per te credere in qualcosa come la scrittura? Cosa ti ha spinto a non mollare? 

Il Molise è un posto incantevole, ma anche un posto chiuso, difficile da raggiungere e difficile da lasciare. Quando mi sono messa in testa di voler fare la scrittrice ho capito che non potevo farlo restando a casa. In una terra come la mia, soprattutto vent’anni fa, tutto si svolge secondo un copione sociale abbastanza standard. Non ci sono troppi spazi per chi prova a fare qualcosa di diverso. La mia vera fortuna, quindi, è stata di avere una madre che si è fidata ciecamente del mio sogno, e che, lasciandomi andare, lo ha incoraggiato. 

Se potessi dire qualcosa ad una ventenne Valentina, cosa diresti?

Non avere paura, e vai.

Esatto, Valentina. Dovremmo non averne di paura. Dovremmo avere il coraggio di fa accadere il nostro destino. E allora è questo che voglio dire a chiunque stia leggendo queste pagine in questo lunedì di febbraio: proprio tu, tu che leggi queste righe non avere paura. Se ti sei soffermato e sei arrivato a questo punto di questo articolo, queste parole sono proprio per te. Non avere paura di fare quel passo. Non avere paura di fare quella telefonata. Di stringere qualcuno che ami. Di chiedere scusa. Non temere i giudizi. Vai, apri quella porta, che sia vera o del tuo cuore e vai. Non avere paura di restare e né tanto meno di andare. Perché è vero, si parla sempre del nostro sud che fa “scappare via” tutti quanti. Mai nessuno si sente nel posto giusto. Eppure, Valentina è un altro esempio di come si può credere in qualcosa. Come lei quanti di noi possono farcela? Senza avere paura. La fuori è pieno di momenti che aspettano di diventare qualcosa, di diventare perfetti. Non lo sapeva affatto Paul che quel giorno avrebbe incontrato John e sarebbero diventati i Beatles.


Articolo già pubblicato sul Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia lunedì 17/02/2020