In a box con i June Reed: come funziona l’esordio di una band

CopertinaIn a Box, in uscita il 30 giugno, è l’EP di esordio dei June Reed, band napoletana composta da quattro amici (Francesca, Giovanna, Guglielmo e Fabiana) che sono riusciti a integrare competenze e personalità diverse ma allo stesso tempo complementari.
Il disco, che prende nome dall’ultima traccia, è stato registrato tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016, contiene 6 brani che con il loro sound lo-fi immergono e trasportano l’ascoltatore in una dimensione parallela dove è possibile estraniarsi e rifugiarsi.

Lo stile ‘90s, che si ispira alle sonorità dell’Indie rock americano, i ritmi non prestabiliti, le melodie dissonanti rendono i brani autentici e portano chi li ascolta indietro nel tempo.
I testi delle canzoni si sposano perfettamente con le basi musicali rievocando atmosfere e temi astratti, prevalentemente legati ad elementi della natura. Chiari esempi sono If you rescue me e Clean Water dove emerge maggiormente la presenza di atmosfere bucoliche. Come dream è uno dei pezzi a mio parere più forti dell’EP poiché mostra una perfetta commistione tra strumenti e voce, senza perdere l’irregolarità musicale che caratterizza l’intera tracklist.

In a box è un EP che coinvolge fin dal primo ascolto, trasmettendo un’autenticità musicale rara e profonda, un viaggio in atmosfere magiche e nascoste.

Abbiamo intervistato i June Reed per conoscerli meglio e sapere qualcosa in più sui loro progetti futuri.

Come è nato il vostro gruppo?

Francesca: Volevo suonare, mettere insieme un gruppo e provare a scrivere pezzi. Avevo già dei giri da sviluppare, così ho proposto la cosa alla mia amica Giovanna, la nostra cantante, e poi al mio amico Guglielmo, il nostro bassista, che già conoscevo da tempo. Fabiana, invece, la conoscevo a malapena. Grazie a Luigi, un nostro amico in comune, ero a conoscenza che voleva imparare a suonare la batteria, così l’ho reclutata. Non so dire se all’inizio ci piacesse più mangiare insieme o suonare, so soltanto che continuiamo a fare entrambe le cose di pari passo.
Giovanna: A seguito di tante esperienze, molte delle quali non così positive, e una manciata di anni di studio di canto, mi sono lanciata in questa esperienza serenamente e mi sono lasciata trascinare dall’idea di Francesca di un progetto a due chitarre. Il resto è stato impegno, voglia di stare insieme e di costruire.
Guglielmo: Io suono la batteria in altri due gruppi (La via degli Astronauti e i Namek Harbor) e sono sempre stato molto affascinato dal basso, ma suonarlo da solo in camera non era il massimo del divertimento. Inoltre Francesca è stata particolarmente convincente, il resto è venuto da sé. Poi sì, provare col gruppo è sempre un’ottima scusa per prendersi una pizza o un cornetto.
Fabiana: Avevo appena iniziato a pensare di suonare la batteria quando grazie ad un amico in comune ho saputo che cercavano proprio una batterista. Capitava a fagiuolo, e fortunatamente la voglia di suonare ha vinto sulla paura di non essere all’altezza.

Come definireste i “June Reed”?

Francesca: I June Reed sono quattro amici che fanno cose insieme, tra cui suonare.
Guglielmo: Three girls, one boy. Anche se a volte sono più donna io che loro…

A quale band o artista fate riferimento/ispira le vostre canzoni?

Francesca: Ah, io vorrei “copiare” sempre un sacco di gruppi, tipo Unwound, Yo La Tengo, Motorpsycho e molti altri, ma poi non ci riesco mai.
Guglielmo: Diciamo che ognuno di noi proviene da ascolti diversi, ma forse è un bene, credo che il risultato finale rispecchi quest’eterogeneità.

Il 30 giugno esce il vostro primo EP “In a box”. Com’è nato il progetto? Come siete arrivati a farvi produrre?

Francesca: abbiamo deciso di registrare questi sei pezzi dell’ EP perché, semplicemente, era arrivato il momento. Alcuni di questi brani, ad esempio Your Going o Come Dream, sono stati tra i primi pezzi ad essere scritti. Invece In a Box e Jonathan Harker sono quelli più recenti. Volevamo sentire l’effetto finale dei nostri pezzi e avere finalmente il prodotto conclusivo di ciò che abbiamo costruito in questi anni.
Fabiana: Mentre il gruppo cresceva, io e il mio ragazzo Daniele abbiamo fondato l’etichetta Cheap Talks Records, che è una delle due etichette che produce il disco, il quale è la settima uscita per noi come label. L’altra etichetta è di un amico storico di tutti noi, Mario Orsini, e si chiama Controcanti. Questo è il secondo disco che co-produciamo, ma abbiamo organizzato anche tanti concerti spettacolari insieme (Raein, Storm{o}, Pastel, Suis La Lune). Siamo sicuri che anche questa volta la collaborazione sarà bellissima e fruttuosa.

A quale brano dell’album siete maggiormente legati? Perché?

Francesca: Personalmente ogni pezzo mi riporta qualcosa alla mente, sicuramente tra i pezzi a cui sono più legata c’è If you rescue me perché è stato scritto in un momento di svolta della band ed è nato con estrema sintonia e naturalezza.
Giovanna: Ogni momento che ho vissuto e che vivo mi fa sentire legata ad un pezzo diverso. Alla luce della registrazione finita sento che il più riuscito è Jonathan Harker.
Guglielmo: Concordo con Francesca, If you rescue me per come è nato rappresenta il pezzo a cui sono maggiormente legato, ogni volta che lo suono mi piace sempre di più, anche se tutto l’EP è frutto di una sintonia che spero venga percepita anche da chi l’ascolta.
Fabiana: Non ho un pezzo preferito, però se devo scegliere forse Come dream è quello a cui sono più legata, poiché collego la sua nascita al momento in cui ho imparato a lasciarmi andare un po’ di più suonando.

Com’è avvenuta la produzione dei pezzi? Chi si occupa della musica e chi dei testi?

Francesca: In generale i pezzi nascono da idee che sviluppo sulla chitarra e che porto in sala, poi ognuno arrangia il proprio strumento. Per quanto riguarda i testi sono scritti da Giovanna. Anche questi pezzi sono nati così, eccetto Clear Water nato da un’ idea di Giovanna ispirata dalla mirabile visione di alcune foto subacquee scattate in piscina, in cui Guglielmo ed io nuotiamo come dei sirenetti drogati.
Giovanna: Ci siamo abituati e ci piace lavorare insieme in sala, infatti di recente tra me e Francesca si sono addirittura invertiti i ruoli per la scrittura di un pezzo.
Fabiana: Io mi occupo di dare fastidio suonando la batteria.

Quali garanzie e che libertà può dare la produzione indipendente in Italia?

Francesca: Nel nostro caso parliamo di autoproduzione, è stato fatto tutto molto in “famiglia”, per così dire. Quindi la nostra fortuna è che ci troviamo in una realtà in cui c’è tanta voglia di fare stando insieme.
Fabiana: La produzione indipendente italiana è piuttosto variegata, tanto che è difficile parlarne in generale. Per quanto riguarda la nostra realtà, gli artisti hanno totale libertà di espressione e gli viene garantito un più o meno grande sostegno a livello di produzione, stampa, promozione, distribuzione e booking. Noi intendiamo questo sostegno come un investimento a due vie che parte dall’amicizia e dal disinteressato stare insieme e arriva alla creazione di qualcosa di bello e speciale per tutti. Poi ci sono quelle “etichette” che invece intendono questo sostegno come uno sterile servizio che loro offrono agli artisti, dai quali sottraggono quei pochi spiccioli che gli bastano a tirare avanti ma che invece di creare spengono sul nascere ogni possibilità di crescita.

Quali sono i vostri progetti/obiettivi per il futuro?

Francesca: Scrivere, scrivere, scrivere, suonare, suonare, suonare.. Poi diventare ricchi e famosi ovviamente grazie a Guglielmo, il nostro ragazzo immagine, che non solo è bello bellissimo, ma suona pure il basso!
Giovanna: Abbiamo discusso qualche idea per il videoclip di uno dei pezzi incluso nell’EP.
Guglielmo: Fare il ragazzo immagine ovviamente.
Fabiana: Diventare un grande ballerina!

Avete in programma un tour promozionale? Se Sì, dove?

Francesca: Ancora niente di stabilito, aspetteremo l’uscita delle copie fisiche prevista per Settembre e sicuramente organizzeremo delle tappe in giro per l’Italia.

 


Ascoltate “In a Box” qui: