Il Gallo che non vuole smettere di cantare

Il Napoli ospita il Palermo al San Paolo. Il campionato è appena iniziato, ma la squadra rosanero è monitorata con molta attenzione. Iachini è un buon allenatore e pare che in squadra ci siano alcuni giocatori interessanti. Il Napoli inizia forte, portandosi subito sul 2-0. Sembra una partita già scritta, eppure da un calcio d’angolo arriva un’incornata di un ragazzo ventenne, che insacca e riapre la partita. Il Palermo riesce ad agguantare il pareggio, salvo poi essere di nuovo superato dai partenopei con un bel gol di Callejon. Fine primo tempo. Ma il Palermo ci crede ancora e riesce, contro ogni pronostico, a riacciuffare la parità con un goal di rapina, nuovamente di quel ventenne.

Il suo nome è Andrea Belotti. Arriva da un paese orobico, situato nel mezzo della Pianura Padana, conosciuto perlopiù per il palio della Madonna Assunta e i calciatori. Calcinate, questo il nome del paese, ha dato, infatti, i natali ai Gabbiadini – lei una delle migliori italiane di sempre, lui emigrato oltremanica alla ricerca della consacrazione – e a Pietro Vierchowod, lo Zar, uno dei difensori nostrani più vincenti.

Andrea è un ragazzo con la faccia pulita, la testa ben concentrata e una gran fame di gol. Conosce lo spirito di sacrificio, ben insegnatogli dai suoi genitori, umili e gran lavoratori. Geometra, per volere dei genitori, e credente, come testimonia la croce tatuata sul collo. Sani e sacri principi gli permettono di attutire l’impatto con la Serie A. Zamparini e Iachini colgono velocemente le sue potenzialità. Ma va gestito con sapienza, come gli altri dello spogliatoio. I compagni d’attacco sono due argentini giovani, Paulo Dybala e Franco Vazquez, el mudo. La base su cui lavorare c’è e, infatti, i risultati non tardano ad arrivare. Il Palermo conduce il migliore campionato degli ultimi anni: undicesimo da neopromossa, non male.

Quel trio così talentuoso è, però, destinato a sciogliersi. A puntare su due di loro sono le squadre di Torino. La Juventus punta sul fuoriclasse argentino, il Torino su Andrea.

Hanno talento da vendere, ma ci vorrà tempo per adattarsi, mormorano alcuni. È così. Allegri dosa con il contagocce i minuti concessi a Paulo, Andrea gioca di più, ma segna un solo gol. Poca roba per investimenti così elevati. Andrea lavora a testa bassa. Sa cosa può dare ad una maglia così pesante di ricordi lontani, eppure mai sbiaditi. Cresce la condizione atletica, i muscoli iniziano ad entrare a pieno regime. Arrivano, infine, i gol tanto ricercati. Testa, destro, sinistro, di rapina, di forza. Ricorda un po’ Vieri, un po’ Vialli. I granata, gelosi dei loro eroi, preferiscono Graziani. Ad ogni modo, non calciatori qualsiasi.

Esulta mimando la cresta del gallo, ricordo di un’infanzia spesa anche nel pollaio della zia. Gesto nato per scherzo e diventato virale nel giro di poco tempo. Conclude la prima stagione in granata con dodici gol. Idolo dei tifosi e degli amanti del centravanti classico. La stazza copre l’area da solo, la sua abnegazione difensiva è esemplare. Rappresenta in modo quasi romanzesco il mondo granata: sacrificio, lotta e cuore. La sua incornata nel primo gol in Serie A non è stato altro che l’inizio di un cerchio che si chiude ogni volta che incarna questo spirito. Non si pone limiti e chi lo osserva ogni giorno conferma la sua indole maniacale nel migliorarsi.

Il Gallo ha messo le corna e, allo stato attuale (17 gol in 23 presenze), nessun torero può domarlo sul manto verde. Andrea Belotti è uno dei volti puliti in un ambiente fangoso. Comunque prosegua la carriera, il Gallo continuerà a cantare a lungo. La sua storia è esemplare: se a un ventenne diligente dai un’occasione, difficilmente la sciuperà. Questo sia con o senza un pallone tra i piedi.