Fonte: https://www.google.com/url?sa=i&source=images&cd=&ved=2ahUKEwiynPbZt5TlAhUBJFAKHXtqBdYQjRx6BAgBEAQ&url=https%3A%2F%2Fwww.associazionelucacoscioni.it%2Fprocesso-marco-cappato-punto-punto%2F&psig=AOvVaw3fPVuJXg5TS7zW97BJF1J8&ust=1570891146651556

Tra Legge e Politica: il caso Cappato

La recente sentenza della Corte Costituzionale dal punto di vista giuridico e politico

La Legge

«Signor Presidente della Repubblica, […] da due anni sono immerso in una notte senza fine […] Vorrei poter scegliere di morire senza soffrire. Ma ho scoperto di aver bisogno di aiuto»

Queste le parole di dj Fabo qualche mese prima di recarsi in Svizzera, dove è morto il 27 febbraio 2017. Poco prima di mordere il pulsante che avrebbe provocato l’iniezione fatale, su Twitter dj Fabo ha ringraziato la persona che lo ha sostenuto in questo inferno di dolore, Marco Cappato, che, tornato in Italia, si è autodenunciato per il reato di aiuto al suicidio. Il processo a suo carico è stato sospeso in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale che, il 25 settembre, con una pronuncia storica ha ammesso la cittadinanza nell’ordinamento dell’aiuto al suicidio privo di conseguenze penali. In attesa del testo della sentenza, giova ricostruire la vicenda da un punto di vista giuridico e politico.

L’art. 580 c.p. punisce, con la medesima pena (reclusione da 5 a 12 anni), chi determina altri al suicidio, chi rafforza l’altrui proposito suicida o chi agevola in qualsiasi modo l’esecuzione del suicidio altrui. A Cappato è contestato di aver messo dj Fabo in contatto con Dignitas (rafforzamento del proposito) e di averlo accompagnato in Svizzera (agevolazione).

La Corte d’Assise di Milano ha ritenuto l’art. 580 c.p contrario ai principi di uguaglianza, proporzionalità e alle disposizioni CEDU in tema di libertà di scelta sul fine vita.
La norma è costruita sull’idea (di matrice fascista come tutto il c.p. del ‘30) che vivere è un dovere civico e non un diritto. Per questo, all’epoca si scelse di punire chiunque desse un contributo al suicidio altrui, senza distinzione tra condotte più o meno riprovevoli. Oggi, alla luce dei principi costituzionali di proporzionalità e uguaglianza secondo cui le pene devono rispecchiare la gravità dei fatti, chi convince una persona a togliersi la vita non può essere punito in misura uguale a colui che aiuta a morire una persona che ha maturato questa volontà in modo autonomo, soprattutto se, come dj Fabo, tale persone è costretta a vivere irreversibilmente una condizione per lei non degna di chiamarsi vita.

Inoltre, stella polare della Costituzione è il principio personalistico, secondo cui al centro delle proprie decisioni vi è l’individuo e non lo Stato. In ambito medico, ciò  si esplica nel diritto a rifiutare le cure (art. 32 Cost) che ha permesso l’eutanasia di Englaro e Welby ed è stata la base costituzionale per la l. 219/17 sul testamento biologico. Ma tale legge non copre la situazione di dj Fabo, cui l’interruzione delle cure avrebbe provocato ulteriori atroci sofferenze e magari anche la morte, ma non sùbito e non dignitosamente. Prima di pronunciarsi sull’art. 580 la Corte Costituzionale ha invitato il Parlamento a colmare tale vuoto normativo con una legge che esonerasse da responsabilità penale soggetti come Cappato al pari di coloro che staccano la spina.

Dopo un anno di inerzia legislativa, la Corte ha rotto gli indugi e, utilizzando la normativa vigente, ha ritenuto che a determinate condizioni, non è punibile chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche per lui intollerabili.

Le condizioni di non punibilità che la Corte individua si sostanziano nel rispetto delle procedure della l. 219/2017 (supporto psicologico, tentativi di persuasione, consenso informato).

Maria Teresa Guarino

La Politica

Quella che, ormai, è diventata una sentenza storica ha portato in superficie una serie di problematiche che già erano evidenti fin dall’annuncio della Corte a concedere una finestra di tempo limitata per legiferare. Il Parlamento ha scelto di non essere né protagonista, né- dobbiamo riconoscerlo- antagonista, forse neanche mera comparsa sul tema, ma come mai? Le continue discussioni, gli accordi e i compromessi dell’alleanza gialloverde hanno fatto sì che i cittadini si dimenticassero della questione, complice un’agenda politica dettata quasi esclusivamente da una sola personalità, preoccupata più da legittimi sbarchi delle navi ogm che dagli affari interni. Una negligenza che non ha coinvolto solo la maggioranza, ma anche l’opposizione, silente negli undici mesi messi a disposizione dalla Corte, che non ha mosso iniziativa a favore della battaglia, né sollecitato il governo a prendere provvedimenti. Ora quella stessa opposizione è al governo e la storia non è cambiata: il PD- che si era reso protagonista di un’altra storica sentenza, quella riguardante le unioni civili, promossa da Monica Cirinnà- nella cui denominazione “partito di sinistra” poco si può identificare ormai, preferisce voltarsi dall’altra parte e puntare su temi “sicuri”. Forte, infatti, di questa nuova alleanza messa insieme con lo sputo, l’orientamento politico sembra confuso, complici i Cinque Stelle che “non si identificano con destra e sinistra”. L’entrata di nuovi membri come Beatrice Lorenzin, inoltre, manifesta la volontà di riempire un vuoto lasciato da un partito liberale mai costituito, per cui è logico pensare che il sostegno a diritti e battaglie “radicali” rappresenterebbe un rischio troppo grande da correre in questo momento storico. Con un partito che nonostante le fratture cerca di convogliare dentro di sé uno spettro ideologico sempre più ampio, che mai come ora rischia una spaccatura definitiva, non possiamo aspettarci tanto presto una presa di posizione. Le priorità sono state rese evidenti, d’altronde, e con l’ombra della legge di bilancio che si fa sempre più oscura e vicina, probabilmente il “diritto di morire” e tutto ciò che concerne la sua regolamentazione verrà rimandato il più possibile, o scaricato a enti terzi che possano deciderne senza che la campagna elettorale ne risenta. La sentenza ha di fatto rappresentato un notevole passo avanti, ma anche creato un vuoto giuridico, destinato ad allargarsi a causa delle continue fratture ideologiche e alla negligenza dei partiti, fino a diventare una vera voragine politica.

Chiara Allevato