Da Fashion Designer a Food Designer

Da fashion designer a food designer.. perché no?
Dopo 9 mesi di cucina sorrentina, finalmente foodporn-584partorisco l’idea di andare a fare il corso di cucina a “Les Chefs Blancs”. Pensavo avesse solo il nome in francese, mi sbagliavo.
BRUNOISE, JULIENNE, MIREPOIX…?
Cosa, Chef..?”
Sono tecniche di taglio, signorina.
Chef, capisco bene che lei è un perfetto francese, ma io non ho capito un c…, se magari me lo dice in italiano facciamo prima…”
Alla fine ha vinto la mia voglia di imparare e sono riuscita a capire le differenze. E, soprattutto, ad azzeccare i tagli.
Per fare questo mestiere ci vuole intraprendenza, voglia di dare un calcio alla routine, tanta tanta passione. La vita è una, possiamo passarla a rimpiangere quello che saremmo potuti essere e che non siamo diventati? Io credo di no.
Peter Pan una cosa importante la diceva:

“Non smettere di sognare, solo chi sogna può volare!”

E allora, cari lettori, volate! Volate più in alto che potete e arrivate fino all’isola che non c’è; la vostra isola, perché “volare è potere”.

Come dicevo, la cosa importante, prima di tutto, è la passione per la cucina e un grande amore per il cibo; la creatività, utile soprattutto per realizzare piatti unici ed originali; l’attenzione per i dettagli; la capacità di saper prendere decisioni immediate, poiché molto spesso ci si potrebbe trovare a dover risolvere problematiche in poco tempo; la capacità di saper gestire più attività contemporaneamente; la capacità di saper lavorare in gruppo e soprattutto la capacità di saper gestire le critiche, anche negative, da parte di clienti indesiderati, soprattutto da parte delle “signore” (sì, proprio quelle). Se possedete questo mix perfetto di ingredienti, allora siete pronti per diventare degli ottimi chef (almeno in teoria!).

Cambiare vita, mandare a monte quello che si stava facendo e reinventarsi un altro mestiere é possibile, tutto dipende da voi. È vero, ormai il cibo è moda e tutti hanno deciso di seguire questa strada, ma la sapete una cosa? Io a malapena ho visto una punata in televisione di Cannavacciuolo e non mi vergogno di dire che non ho la più pallida idea di chi siano gli chef più famosi. Neanche uno, giuro.
Quello che so fare l’ho imparato guardando uno chef calabrese che mi ha tenuto con lui in cucina sopportandomi 9 mesi e ripetendomi 1000 volte come si taglia una melanzana e un pomodoro, che mi incoraggiava anche se la mia crostata non cuoceva e faceva schifo senza staccarsi dalla teglia; da un amica, una splendida amica argentina, che fa tiramisù per lo stesso ristorante, a cui puntualmente facevo strabordare tutta la crema dal piatto. Non serve stare ore e ore davanti a questi infiniti programmi televisivi di cucina, o di un bagaglio culturale su come tenere una padella in mano, ma basta la giusta dose di creatività e tantissima voglia di imparare!
Abbiate il coraggio di buttarvi e provare, non fa nullla se la prima volta che farete il tirmisù anziché sbattere le uova con le fruste le metterete nel frullatore, l’importante è la passione che ci mettete per farlo, il resto verrà da se, la seconda volta andrà meglio.
L’importante è guardare, rubare con gli occhi e scattare delle “fotografie” che rimarrano impresse nella vostra mente!

Food, da questa parola, semplice e forse un po’ banale, si apre una porta o, meglio, un portone. È già, perché chi ama mangiare sa anche cucinare, o almeno dovrebbe essere così!
Cosa vuol dire food? Cibo.
Cibo sta per incontro. Per una famiglia spesso è l’unica vera occasione per riunirsi, stare insieme e scambiare qualche piacevole chiacchera, il che avviene ormai poco nonostante mangiare sia una priorità e una moda.
Cibo come festa, con gradevoli pietanze e ricette sfiziose. Della serie “aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più!”. Sicuramente i pranzi o le cena con zia nonno, la cugina della cugina, il pronipote, il fratello, la fidanzata del fratello, etc. etc. non sono spesso facili, con tutti i gesti della convivialità, i piccoli impacci, le ruvide cortesie, gli sbalzi di nervosismo, le storie degli invitati. Ma di sicuro un buon piatto di pasta al pomodoro, una bella lasagna di otto strati con polpettine annesse di nonna Carmela, che digerirai solo l’indomani, in seconda ora, durante una riunione con il tuo capo, non è proprio il massimo, ma a questo c’è rimedio, non vi preoccupate, saprò istruirvi anche su questo!
Cibo è sinonimo di festa, anche se sul vocabolario non c’è scritto. Non si può pensare di festeggiare senza una bella torta o una bella pasta olio e peperoncino, in tutti i luoghi, all’aperto e a casa, senza un ricco buffet la festa non inizia. Avete mai visto quelle feste dove a malapena servono due pop corn e due taralucci con il vino? Sicuramente si. E avrete notato anche come vanno a finire, quindi cibo è uguale a garanzia! Senza le portate più importanti gli ospiti ne morirebbero o si lamenterebbero di aver mangiato poco (almeno nelle famiglie da Napoli in giù funziona così, specialmente in “Calabrifornia”)
Cibo come approfondimento di un rapporto. A tavola, per un appuntamento di lavoro o di piacere, si è più franchi e schietti se si ha una bel piatto di carbonara davanti agli occhi. Ci si lascia andare di più; è un’occasione di comunicare che non si trova altrove.
Cibo come atto sensuale. Il miglior preliminare all’intimità? Una cena romantica. Con tutti gli ingredienti giusti: l’atmosfera, i sapori, i gesti… e l’amore. Quindi, cari uomini, dovete spendere! Una bella location, ancora meglio se al mare o se il ristorante è stellato, vi fara’ approdare…. alla riva!
Cibo come piacere. D’altronde tutte le cose che piacciono di più all’essere umano finiscono in “are”… Il piatto che fuma, il profumo, i sapori che si mescolano, poi l’appetito che vien mangiando, col piacere viene soddisfatto.
Cibo come rituale. Pensate a quelle donne che stavano ore e ore davanti al fuoco a maescolare e rimescolare brodi, zuppe, polente, tisane, infusi erbe per medicare.
Cibo come colore, eleganza, l’accuratezza nel preparare la tavola, per sé e per gli altri, la collocazione di un bicchiere di un piatto, e poi la voglia, la passione di cucinare i propri piatti preferiti, quelli che, lo sappiamo, sono le nostre specialità e spesso utilizziamo come cavallo di battaglia per far colpo su qualcuno. Momenti preziosi, da ritagliarsi come antidoto alla vita frenetica e frustrante dei tempi d’oggi, e da pensare come gesti per prendersi cura di sé.

D’altronde Pulcinella diceva:

“A meglia medicina? Vino ‘e cantina e purpette ‘e cucina”!