Cinquanta sfumature… di noia

Di Maria Teresa Pedace

1423207704-sfumatureALERT: quando provai a leggere il libro, lo chiusi dopo nemmeno due capitoli. Sappiate che ho un considerevole bagaglio a mano di pregiudizi e broncio.

Dal momento che non bastava la kermesse sanremese e nemmeno il Carnevale, abbiamo deciso di complicarci la vita: è uscito nei cinema “Cinquanta sfumature di grigio”. E questa sì che è stata la notizia che ha tenuto banco e continua a farlo. Non solo per gli incassi altissimi, ma per i pareri contrastanti a riguardo. Mi sono fatta coraggio, mi sono armata di caramelle e taccuino e ho ceduto alla visione del film. Cosa non si fa per la cultura, signore mie! E poi, in tutta onestà, ero curiosa di vedere come avrebbero reso sul grande schermo il romanzo cult della nostra generazione sulla sessualità femminile.
Partiamo per gradi: la prima canzone della colonna sonora è “I put a spell on you”. Il  mio cuore sobbalza, canticchio sorniona.
Inquadrano la protagonista, Anastasia Steele, interpretata da Dakota Johnes: la pri,a cosa che mi chiedo è se io non sia innanzi ad una brutta scopiazzatura de “Il diavolo veste Prada”. Miranda, mi senti? Andrea, puoi darle ripetizioni? Fate qualcosa per quel suo maglioncino, per i capelli che sembrano non conoscere parrucchiere, per quell’aria da santarellina a cui io già non credo.
Tant’è. Sospiriamo e andiamo avanti.
La dolce Anastasia, per gli amici Ana, si mantiene agli studi lavorando in una ferramenta ma, un bel giorno, come in tutte le fiabe e le storielle rosa che si rispettino, arriva il colpo di scena: viene spedita dalla coinquilina a realizzare un’intervista per il giornale dell’università. Ana, di aria arruffata vestita, armata di carta e penna e del suo già fastidiosissimo vizio di mordicchiarsi le labbra, si reca al luogo stabilito per l’intervista.
A quanto era quotata la possibilità che quell’ufficio fosse pieno di stangone da rivista patinata, che planano su tacchi a spillo? Donne malefiche, siete donne malefiche voi che avete scommesso. E avete ovviamente vinto. A quanto era quotata la caduta di Anastasia nell’entrare nello studio del suo interlocutore? Qui scappa uno sbadiglio annoiato. Seguito da una domanda: è QUELLO Mr. Grey? Della Grey Enterprise? Quello è l’uomo proibito di cui sento blaterare da anni e che scatena ondate di melliflui sospiri nel cinema? Le mie aspettative sono deluse. Vorrei urlare “Ana, non farti incantare. Per favore. Amor proprio”, ma mi trattengo. Sennò come arriviamo alla fine del film?
L’intervista di Ana a Christian è desolante, quasi come una puntata di Domenica 5, ma ammetto che il signorino ci sa fare: è incantevole. Ana, ovviamente, ci casca in pieno. Quel che mi convince poco di Mr. Grey è il suo modo di liquidarla: “io non sono l’uomo per te”. Chiariamoci, signorino: queste scuse sono passate di moda insieme alle magliette Onyx che lasciavano scoperto l’ombelico, nessuna di noi si farebbe abbindolare… Mi devo fermare, Anastasia si fa abbindolare. E subito dopo un fattorino le recapita a casa alcune prime edizioni per cui ogni appassionato di letteratura venderebbe la sorella. Ci piace pensare a lei come ad una moderna Cenerentola, che ci risparmia la scena delle scarpette limitandosi ad esempio a farsi salvare da una sbronza (causata da uno, ripeto uno, shot) e da una imbarazzante questione di friendzone, ma alla fine vomita ai piedi di Christian. La signorina fortunella si risveglia in questo enorme letto situato in una lussuosissima camera d’albergo. Il signor Grey comincia a vacillare e le accenna dei suoi gusti un po’ “particolari”: non la toccherà prima di aver ricevuto consenso scritto. Qui mi sorge un dubbio. Da quando una pacca sul sedere o un morso sulle labbra passano per un contratto? Da quando il BDSM necessita di consensi scritti?  Ecco la parola chiave del film: non sesso, giochini erotici o altro, bensì contratto. Ebbene sì, il signor Grey ha gusti molto particolari, ha addirittura una stanza dei giochi e accetterà Ana solo se lei firmerà un contratto di segretezza sulla loro relazione e accettazione di pratiche sessuali varie ed eventuali.
Incredibile ma vero, i colpi di scena non sono finiti: Anastasia è vergine, quindi non ha la benché minima idea di cosa stia succedendo. L’evolversi della storia è scontato: Christian aiuterà Ana a superare lo scoglio verginità, stuzzicherà la povera ragazza del ferramenta finché lei non cederà, in una notte georgiana si racconteranno a vicenda incresciose storie d’infanzia. Riassumeremo il personaggio di Anastasia in un brutto incrocio tra la bella Addormentata, Cenerentola, Bella Swan e l’amica svampita che tutte abbiamo. Cosa ha visto Mr. Grey in lei? Non l’ho ancora capito.
Christian è invece un dom poco informato, la cui conoscenza del BDSM è limitata, spesso errata, e ha sviluppato queste inclinazioni da stalker anaffettivo dopo un’infanzia vissuta con una madre prostituta morta di crack e un’amica della madre adottiva che si divertiva ad introdurlo nel mondo in cui dolore e piacere vanno a braccetto. Ah, ovviamente lui somiglia tanto, pure troppo, ad Edward Cullen. Con una sola differenza: il vampiro avrebbe utilizzato almeno parte dei suoi anni da immortale a studiare le pratiche e gli oggetti del sado, ma in Cinquanta sfumature vediamo ben pochi ninnoli, una sola sculacciata e solo sei, ripeto sei, frustate. Rifilate alla poverina anche in modo errato, ma lei cosa può saperne? Le piace. Christian la guarda? Lei geme. Christian ordina il caffè? Lei geme. Christian le prende di mira una costola con la frusta, perché non sa che le fruste devono essere usate solo sul sedere? Lei, ovviamente, geme.
Cinquanta sfumature di noia, insomma.
Semmai vi venisse voglia di riprovare a casa, mi raccomando: seguite le regole basilari di rispetto ed igiene tra dom e bottom. E sorridete più di quei due, per l’amor del cielo!