Caro Oscar

Caro Oscar, caro “amico devoto”.

Centoventicinque anni fa come oggi, si hai letto bene, centoventicinque anni fa, sei stato condannato a due anni di lavori forzati perché giudicato “colpevole di omosessualità”.

Mi dispiace, caro Oscar. Non sappiamo cosa possa significare essere colpevole di una cosa simile, quasi come se tu avessi deciso di puntare la pistola contro un altro uomo. Quello sì che sarebbe stato da “colpevole”. Sarebbe stato, però, un gesto. Che colpa potevi averne tu, Oscar? Per te non si è trattato di gesti, ma della natura di un essere umano.

Sai Oscar, si pensa spesso a tutte quelle cose che, tempo addietro, si sono verificate. Non deve essere stato una passeggiata essere se stessi, vero? Ti sembrerà strano, ma a volte anche adesso, centoventicinque anni dopo, si ha paura di sentirsi giudicati. Certo, non siamo nel 1895, questo è vero. Eppure, c’è chi prova vergogna nel vedere la sua immagine riflessa in uno specchio, tra rabbia recondita e quella delusione che racconti attraverso Dorian e un dipinto maledetto.

È come se il proprio sguardo fosse il primo a giudicarlo colpevole di omosessualità e non un tribunale. Allora ci si veste, si vive la vita nei panni di qualcun altro, fingendo a volte di cambiare identità, un po’ come Ernest, finché si arriva al limite.

Non sono tutte storie a lieto fine, no Oscar. Per niente. Proprio come la tua. Due anni di lavori forzati per provare, semplicemente, amore. Ma tu hai avuto coraggio, Oscar.  

L’amore che non osa pronunciare il suo nome”, scrivi in una delle tue lettere. Questa frase è sempre stata sottovalutata e, invece, lì dentro c’è tutto quello che deve esserci.
C’è la paura di chiamare proprio amore quella “cosa” che si sente nei confronti di qualcuno che ha la stessa vocale finale nel nome.

C’è il terrore nel non far capire a tutti di amare una donna o un uomo nella forma più pura.

C’è il nascondersi, perché gridarlo ad alta voce potrebbe far ribrezzo.

L’amore che non osa pronunciare il suo nome”. L’amore che non può essere pronunciato, perché proibito. Quante persone restano intrappolate, soffrendo. Perché è sempre così difficile e neanche cento anni dopo siamo capaci di avere la giusta serenità nel comprendere che non è colpa di nessuno?

Scegliamo di ignorare, di concentrarci sull’impossibilità biologica di riproduzione, dimenticandoci, proprio biologicamente e in maniera più intima, di quel cuore che batte ad ogni sguardo o parola di chi si ama.

I tempi sono moderni ormai, e oggi, grazie a quel coraggio, qualcosa è cambiato e la tua patria non avrebbe più motivo alcuno per ripudiarti e minimizzare il tuo talento, nascondendolo dietro al tuo accusato essere.

Ma il mondo è grande, caro Oscar, e più di 70 paesi sviluppati, o in via di sviluppo, sottolineano l’illegalità dell’omosessualità maschile e/o femminile, rendendo infernale i capitoli di storia di giovani che preferiscono a volte negarsi la possibilità di vivere questa vita, o che riescono ad essere se stessi solo se nascosti negli antri delle proprie abitazioni, augurandosi di non essere scoperti.

È uno di quei casi in cui non possiamo più accettare il tuo “posso resistere a tutto, tranne alle tentazioni”, perché’ non è tentazione, ma amore ciò che deve prevalere, quello che va al di là delle strutture sociali imposte, perché “le cose vere della vita, non si studiano, né si imparano, ma si incontrano”.

Si impara a giustificarsi, a giustificare; si impara a darsi torto credendo di essere l’errore peggiore; si impara a ad accettare anche gli “incapaci di imparare [che si sono messi ad insegnare]“. Siamo tutti silenziosi mine in un mondo in guerra con la diversità.

Dal De Profundis impariamo che “mentre la risoluzione d’essere un uomo migliore è un atto sperimentale ed ipocrita − essere divenuto, invece, più profondamente uomo è il privilegio di coloro che hanno sofferto.” In un giorno come questo, siamo tutti chiamati a ricordare chi ha sofferto per amore e chi ha scelto di essere uomo, di essere umano, in una realtà che hai avuto la sfortuna di vivere, ma che con molta fortuna hai avuto modo di raccontare, usando le tue storie per redarguire il tempo e gli ingannevoli e i piccoli uomini del tempo, sfruttando la tua straordinaria ed estrosa natura da Dandy.


Tendo le mani verso di te. Oh! Possa io vivere per toccare i tuoi capelli e le tue mani. Credo che il tuo amore veglierà sulla mia vita. Se dovessi morire, vorrei che tu viva una vita dolce e pacifica in qualche luogo tra i fiori, quadri, libri, e moltissimo lavoro. Cerca di farmi avere tue notizie. Ti scrivo questa lettera in mezzo a grandi sofferenze, la lunga giornata in tribunale mi ha spossato. Carissimo ragazzo, dolcissimo fra tutti i giovani, amatissimo e più amabile. Oh! Aspettami! Io sono ora, come sempre dal giorno in cui ci siamo conosciuti, devotamente tuo, con un amore immortale Oscar” (dal De profundis).

Queste le tue dolci parole a Bosie, dopo la tua condanna.

Signor giudice, di cosa sarebbe colpevole Oscar, precisamente?